Le donne, a differenza degli uomini, molto spesso sono condizionate nelle scelte lavorative a causa di gravidanze o impegni familiari.   A rendere noto che poco meno di 10milioni di donne, nel corso della propria carriera, rinuncia a lavorare per la famiglia è l’ISTAT analizzando i dati realtivi all’anno 2011.   Nell’indagine, inoltre, si rivela che molte altre donne hanno dovuto, tra l’altro, rinuciare ad un incarico o una promozione sempre per gli impegni familiari.   L’Istat nella sua indagine ricorda che però, in questi anni, sono in aumento le donne capofamiglia, nel senso che sono quelle che forniscono le entrate economiche maggiori.

In aumento anche le famiglie monogenitori e le donne che vivono sole. In entrambi i casi la donna rappresenta il capofamiglia. Si contano 8milioni e 200 mila donne capofamiflia, un milione in più rispetto al 2005.   Nel rapporto si registrano anche raddoppiamenti delle presenze femminili nei cda di aziende o nei seggi di Parlamento UE a dimostrazione che sempre più spesso le donne sono presenti nei vertici aziendali e politici forse anche grazie all’introduzione della norma che tutela l’alternanza di genere nelle liste dei candidati.   L’Istat a tal proposito fa presente che “negli ultimi anni sono state varate leggi che promuovono la presenza delle donne nelle istituzioni e nelle aziende e che stanno producendo gli effetti sperati: la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa ha raggiunto livelli alti grazie all’introduzione delle normative sopra citate: in due anni, dal 2012 al 2014, la rappresentanza femminile è raddoppiata passando dall’11,6% al 22,7%”.   Nonostante questo l’andamento dell’occupazione femminile, spiega l’Istat “negli ultimi dieci anni ha risentito della crisi che ha fermato il trend positivo di aumento degli anni precedenti”.   Sin dal 1995 l’occupazione femminile in Italia era cresciuta ma nel 2008 ha subito una battuta d’arresto anche perchè le donne, pur tenendo meglio sull’occupazione hanno subito un peggioramento della qualità del lavoro con un aumento del part rime involontario e la sovra-istruzione rispetto all’impiego.