Riparte la discussione sul tema delocalizzazioni delle imprese. Il governo intende agire tramite decreto, ma le indicazioni saranno contenute nella manovra finanziaria 2022 in discussione in Parlamento.

Un provvedimento necessario, quello contro le delocalizzazioni selvagge, che non colpisce solo l’economia e l’occupazione, ma anche lo stesso mondo imprenditoriale italiano. A scapito della concorrenza, delle entrate fiscali e della buona condotta di impresa.

Delocalizzazioni: sarà più difficile spostarsi al estero

“Il decreto anti-delocalizzazioni non è morto, riprenderà il suo cammino”. Lo ha assicurato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a Radio 24, aggiungendo che

la direzione è quella di dare un percorso ordinato ai processi di chiusura e delocalizzazione. Si può chiedere di farsi carico della ferita che produce una chiusura“,

ha proseguito il ministro escludendo una volontà vessatoria nei confronti di chi intende delocalizzare la produzione dall’Italia.

Come noto la legge non impedisce alle aziende le delocalizzazioni della produzione all’estero per sfruttare condizioni fiscali migliori o manodopera a basso costo. Ne andrebbe della libertà d’impresa.

Le sanzioni

Tuttavia, occorre implementare misure che evitino ricadute sull’occupazione in Italia a causa delle delocalizzazioni e che non penalizzino il fisco qualora la produzione di beni e servizi sia rivolta al mercato interno. Così, le imprese in crisi che intendono chiudere per andare al estero (vedi recente caso Whirlpool) dovranno seguire dei percorsi a tutela dell’occupazione prima di fermare la produzione.

Qualora le aziende non ottemperassero a questo obbligo andranno incontro a sanzioni. Multe che possono arrivare fino al 2% del fatturato se l’impresa chiude i battenti con l’intenzione di effettuare delocalizzazioni selvagge, dopo aver fruito di incentivi statali o aiuti economici e ammortizzatori sociali.

Seguirà l’inserimento della stessa azienda in una black list che impedirà all’azienda di accedere a futuri incentivi e finanziamenti pubblici.

Va da sé che le delocalizzazioni non saranno più all’acqua di rose.

Le ricadute occupazionali su scelte aziendali opportunistiche non saranno più ammesse e, tanto più grande sarà l’azienda, tanto maggiore sarà la sanzione.