Nella giornata del 1° maggio che coincide con la festa dei lavoratori, il Governo ha approvato un importante decreto legge che contiene diverse novità per i lavoratori ma che agevola anche le imprese sotto diversi aspetti grazie alla più favorevoli possibilità di ricorrere ai contratti a termine. Dunque, il Governo Meloni vuole favorire l’occupazione ma ci sarà una maggiore precarietà nei rapporti di lavoro.

Il decreto Lavoro non interviene solo sui contratti a termine ma prevede anche una riduzione del carico fiscale a carico del lavoratore, c.

d. taglio al cuneo fiscale, nonché una nuova previsione di esenzione per i c.d. fringe benefit riconosciuti ai dipendenti in busta paga.

Vediamo nello specifico quali sono le principali novità contenute nel nuovo decreto.

Il decreto Lavoro

Le principali novità contenute nel nuovo decreto Lavoro, sono riassunte nel comunicato stampa pubblicato ieri dal Governo.

Partiamo dal taglio al cuneo fiscale.

Il taglio del cuneo fiscale è messo in pratica innalzando dal 2% al 6%, l’esonero ossia lo sconto sui contributi previdenziali, contributi IVS, a carico dei lavoratori dipendenti. Dunque, oggetto di intervento sono i cosiddetti contributi sociali già ridotti in precedenza (vedi ad esempio il comma 281 della Legge n°197/2022).

L’esenzione è innalzata al 7 per cento se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 1.923 euro.

Il taglio del cuneo fiscale sarà operativo per i periodi di paga dal 1° luglio al 31 dicembre 2023.

Inoltre, viene confermato l’incremento della soglia dei fringe benefit a 3.000 euro per il 2023, esclusivamente per i lavoratori dipendenti con figli a carico.

Decreto Lavoro, addio al reddito di cittadinanza. C’è l’assegno di inclusione

Il Governo Meloni elimina il reddito di cittadinanza. Lo fa introducendo il c.d. reddito di inclusione.

Si tratta di un’integrazione al reddito in favore dei nuclei familiari nei quali sono presenti una persona con disabilità, un minorenne o un ultra-sessantenne e che siano in possesso di determinati requisiti, relativi alla cittadinanza o all’autorizzazione al soggiorno del richiedente, alla durata della residenza in Italia e alle condizioni economiche.

Il beneficio, di importo non inferiore a 480 euro all’anno esenti dall’IRPEF, sarà erogato dall’INPS attraverso uno strumento di pagamento elettronico, per un periodo massimo di 18 mesi continuativi, con la possibilità di un rinnovo per ulteriori 12 mesi.

Per coloro che non rispettano i requisiti per l’assegno di inclusione, di età compresa fra i 18 e 59 anni in condizioni di povertà assoluta e ai componenti di nuclei che invece lo percepiscono e che non siano calcolati nella scala di equivalenza, è riconosciuto un diverso contributo, c.d strumento di attivazione, volto a sostenere il percorso di inserimento lavorativo, anche attraverso la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale.

Durante la partecipazione ai programmi formativi, per un massimo di dodici mensilità, gli interessati riceveranno un beneficio economico pari a 350 euro mensili.

Coloro i quali sono ancora percettori del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza conservano i benefici  economici sino alla  naturale scadenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2023.

Contratti a termine

Il Governo rivede la disciplina dei contratti a termine.

Nello specifico, con l’intento di aiutare le imprese a trovare risorse occupabili, vengono variate le causali che possono essere indicate nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi (comprese le proroghe e i rinnovi), per consentire un uso più flessibile di tale tipologia contrattuale, mantenendo comunque fermo il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi.

Pertanto, i contratti potranno avere durata superiore ai 12 mesi, ma non eccedente i 24 mesi:

  • nei casi previsti dai contratti collettivi;
  • per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti, in caso di mancato esercizio da parte della contrattazione collettiva. E in ogni caso entro il termine del 31 dicembre 2024;
  • per sostituire altri lavoratori.

Occupazione  giovanile

Per favorire l’occupazione giovanile sono previsti incentivi pari al 60 per cento della retribuzione per un periodo di 12 mesi.

Ciò a favore dei datori di lavoro che assumono giovani sotto i trenta anni di età, non inseriti in programmi formativi e registrati nel PON “Iniziativa Occupazione Giovani”. L’incentivo è cumulabile con l’esonero contributivo nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di trentasei mesi, e con altri incentivi previsti dalla legislazione vigente.