Cambia ancora la busta paga, che probabilmente diventerà più pesante già a partire per la mensilità di maggio. Il governo Meloni ha destinato poco più di 3 miliardi di euro al taglio del cosiddetto cuneo fiscale. Le risorse derivano dall’attesa di un deficit dello stato inferiore alle previsioni per lo 0,15% del PIL. Sono le previsioni per quest’anno contenute nel Documento di economia e finanze (DEF), da poco licenziato dal Consiglio dei ministri. Ma cos’è il cuneo fiscale di cui si parla da molti anni e quali saranno gli effetti di un suo calo per i lavoratori dipendenti?

Il costo del lavoro a carico dell’impresa non coincide con la busta paga percepita dal lavoratore.

Oltre allo stipendio netto, il datore di lavoro deve versare anche i contributi previdenziali all’INPS e fare da sostituto d’imposta per l’IRPEF. Il cuneo fiscale è proprio la differenza tra retribuzione lorda pagata dall’impresa e retribuzione netta percepita dal lavoratore dipendente. In media, stando ai dati OCSE, in Italia ammonta al 46,5%, tra le percentuali più alte d’Europa e 5 punti percentuali sopra i livelli medi continentali.

Quando il cuneo fiscale è troppo alto, tutti sono scontenti. Le imprese si lamentano di pagare troppo per assumere un lavoratore, mentre il lavoratore eccepisce di guadagnare poco. Alla fine, hanno entrambi ragione. Questa situazione porta a bassa occupazione e un mercato del lavoro poco vivace. Già nel corso del 2022, il governo Draghi aveva ridotto il cuneo fiscale in via temporanea per i redditi lordi dei lavoratori dipendenti fino a 35.000 euro all’anno. Quando ad ottobre è arrivata al governo Giorgia Meloni, ha non solo confermato il taglio per tutto il 2023, ma lo ha altresì rafforzato di un altro punto percentuale.

Taglio cuneo fiscale, effetti in busta paga

Su una retribuzione lorda i contributi previdenziali pesano per il 33%.

Di questi, il 23,81% sono a carico dell’impresa e il 9,19% a carico del lavoratore dipendente. Il taglio del cuneo fiscale riguarda i secondi, che sono scesi al 6,19% per i redditi fino a 25.000 euro e al 7,19% per i redditi compresi tra 25.000 e 35.000 euro. Se il governo ridurrà un altro punto, sui primi 25.000 euro i lavoratori dipendenti pagheranno il 5,19% e tra 25.000 e 35.000 euro il 6,19%. Ma il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha prospettato persino un taglio di altri 2 punti fino a 25.000 euro. In questo caso, i contributi versati scenderebbero al 4,19%.

Come cambierà la busta paga da maggio o nei mesi successivi? Chiaramente, sarà più pesante. La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato le sue simulazioni. Con un punto percentuale in meno di cuneo fiscale, un lavoratore che percepisce 15.000 euro lordi all’anno guadagnerà 9,6 euro al mese in più per 13 mensilità: quasi +125 euro all’anno. Su una busta paga lorda di 25.000 euro, il risparmio sarebbe di 13,7 euro, pari a 178 euro all’anno. In totale, si arriverebbe a un risparmio massimo di 55 euro al mese, considerati i tagli passati. A 30.000 euro, l’ulteriore risparmio sarebbe di 15,40 euro al mese, circa 200 euro all’anno. A 35.000 euro +16,4 euro, cioè +213 euro annui.

Il problema di questi tagli consiste nel fatto che siano teoricamente temporanei. Pertanto, se non fossero rinnovati alla fine di quest’anno, dal prossimo gennaio la busta paga tornerebbe più leggera. E sarebbe un brutto colpo per i lavoratori dipendenti, già alle prese con bassi stipendi e alta inflazione. Ma il costo strutturale sarebbe di oltre 8 miliardi di euro all’anno. Il centro-destra punta a tagliare il cuneo fiscale di almeno 5 punti su tutti i redditi, un’operazione che costerebbe 16 miliardi, stando a Confindustria. Ci porteremmo sui livelli medi europei e, soprattutto, rilanceremmo il mercato del lavoro.

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