Il datore di lavoro non sempre paga lo stipendio dovuto ai suoi dipendenti, specie in questi tempi di crisi economica. Il mancato pagamento dello stipendio da parte del datore di lavoro va a determinare una situazione molto delicata. Ecco una serie di consigli utili per il lavoratore che non ha ricevuto lo stipendio dovuto.

Non quietanzare la busta paga

La prima importante precauzione che deve seguire il lavoratore è quella di non firmare “per quietanza” la busta paga se, contestualmente, non gli viene versato lo stipendio.


La firma sulla busta paga va apposta in due finalità:

  • a conferma del ricevimento della busta stessa;
  • a conferma dell’avvenuto pagamento dell’importo.

Quindi, se il datore di lavoro non ha corrisposto la somma dovuta, il lavoratore potrà firmare e attestare, il ricevimento del documento, ma dovrà fare attenzione a non firmare anche la quietanza.

La prescrizione del diritto del lavoratore

Se il lavoratore non è un dirigente ed è ancora dipendente del datore moroso, non deve preoccuparsi della scadenza dei termini per esigere quanto gli è dovuto. Il diritto del lavoratore ad ottenere il pagamento dello stipendio si prescrive dopo ben cinque anni dalla data della fine del rapporto di lavoro.

Non c’è bisogno dell’avvocato per la messa in mora

Non c’è necessariamente bisogno dell’avvocato per ricordare al datore di lavoro che è in mora coi pagamenti. A volte un semplice sollecito fatto anche per iscritto dallo stesso dipendente e non dal legale serve a non inasprire gli animi e, nello stesso tempo, a ricordare all’imprenditore i propri doveri contrattuali.

C’è sempre la possibilità di un tentativo di conciliazione

In una progressione sempre più incisiva delle tutele, la legge consente al lavoratore di rivolgersi alla Direzione Territoriale del Lavoro (DTL).

In questa sede, il primo passo da fare è quello di chiedere un tentativo di conciliazione facoltativo presso la relativa commissione.

 In pratica, il lavoratore presenta, anche personalmente, senza bisogno dell’avvocato al relativo ufficio, una richiesta scritta di convocazione della Commissione di conciliazione. La richiesta è gratuita.

La Commissione comunicherà successivamente alle parti una data di udienza e, in quella sede, assistite da un rappresentante ciascuno, le parti verranno stimolate a trovare un accordo. Anche qui, il lavoratore non ha bisogno dell’assistenza necessaria di un legale.

Se le parti arrivano ad un accordo, il verbale è titolo esecutivo nei confronti del datore di lavoro, per cui, se quest’ultimo non mantiene fede agli impegni presi con la conciliazione, il lavoratore avrà un documento della stessa efficacia di una sentenza della Cassazione.

Chiedere verifica degli ispettori

Il lavoratore potrà presentarsi presso la Direzione Territoriale del Lavoro e chiedere una conciliazione monocratica. Si tratta di un procedimento facoltativo, volto a trovare una intesa tra le parti. Ma, a differenza del precedente, qualora esso fallisca, gli ispettori del lavoro procederanno a una verifica presso la sede del datore di lavoro per accertare che questi non abbia violato le norme dei diritti del lavoro. La violazione di questi diritti potrebbe portare a sanzioni molto severe.

Ricorso per decreto ingiuntivo

Se i tentativi precedenti sono falliti non resta che fare la causa. Il lavoratore che abbia una prova scritta del proprio credito, la busta paga non quietanzata, può chiedere a un avvocato di presentare ricorso per decreto ingiuntivo. Si tratta di un procedimento che ha tempi lunghi, a seconda del tribunale, e che, senza bisogno di instaurare una causa e di chiamare le parti davanti al giudice, consente di ottenere dal tribunale un ordine di pagamento nei confronti del datore di lavoro.
Il datore di lavoro avrà poi 40 giorni dalla notifica del decreto per decidere se pagare, se non pagare oppure se presentare una opposizione.

In quest’ultimo caso, si apre un giudizio ordinario, coi suoi tempi e procedure.
Una scappatoia potrebbe essere quella di chiedere, in prima udienza, al giudice, di dichiarare il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In tal caso, il lavoratore, anche se pende una causa, potrà agire in esecuzione forzata.

Se mancano le prove scritte del credito

Se il lavoratore ha perso il contratto di lavoro o la lettera di assunzione, potrà presentare in Tribunale le buste paga, il CUD o qualsiasi altro documento che attesti l’esistenza del rapporto di lavoro.
In mancanza di tutto ciò, si può sempre ricorrere alle prove testimoniali.
Ma in questo modo i tempi si allungheranno ancora di più rispetto a una causa ordinaria.

Ci si può dimettere senza perdere la disoccupazione

Se il lavoratore non ottiene il pagamento dello stipendio, è suo diritto dimettersi in qualsiasi momento, senza dare il preavviso, ma comunque inviandone comunicazione e specificando la “giusta causa” del recesso.
In tale caso, anche se non è stato il datore di lavoro a disporre il licenziamento, il dipendente può comunque usufruire del contributo di disoccupazione. Infatti l’interruzione del rapporto di lavoro è avvenuto per causa a lui non imputabile.

Se il datore non paga, dopo l’esecuzione forzata c’è il fallimento

Potrebbe avvenire che, anche dopo aver perso la causa, o ricevuto un decreto ingiuntivo definitivo, il datore non intenda ugualmente pagare.
Il lavoratore potrebbe allora provare la carta dell’esecuzione forzata, verificando se l’imprenditore è titolare di conti correnti, immobili, automobili o altri beni appetibili per il pignoramento.
Ma se anche questo non abbia i risultati sperati, allora c’è la possibilità di chiedere il fallimento del datore di lavoro. Si tratta impegnativa e forte, che non consente i tornare indietro, Inoltre non è detto che dopo il fallimento  il lavoratore venga pagato immediatamente. Al contrario. Per gli ultimi tre stipendi e il TFR ci penserà il Fondo di Garanzia presso l’Inps e anche qui per il pagamento bisognerò aspettare parecchi mesi.

Inoltre per i restanti crediti bisognerà insinuarsi al passivo del fallimento: con la possibilità che, se l’azienda è priva di attività, non si verrà mai soddisfatti.