Quando si pensa ai controlli fiscali la mente va subito ai movimenti dal conto corrente. E indubbiamente le forme “più classiche” di verifiche partono da li. Ma sarebbe riduttivo preoccuparsi solo di questo e anche rischioso. L’Agenzia delle Entrate può usare anche il cd metodo di accertamento analitico-induttivo. La Cassazione gli ha riconosciuto questo potere in più occasioni. E’ uno strumento efficace soprattutto per chi gestisce attività imprenditoriali. Ma gli operatori a partita IVA lo percepiscono come un tipo di controllo subdolo.

Vediamo meglio come funziona e quali acquisti possono insospettire il Fisco.

L’accertamento analitico-induttivo confronta il consumo delle materie prime necessarie per svolgere l’attività e i redditi dichiarati. L’esempio classico è quello del ristorante che emette pochi conti ma consuma un numero elevato di tovaglie e tovaglioli. Lo stesso vale per gli hotel con le lenzuola.

L’ultimo controllo in ordine cronologico ha preso di mira i parrucchieri: con sentenza n. 2684/7 datata 23 settembre 2020, il CTR del Lazio ha ritenuto legittimo l’operato dell’Agenzia delle Entrate nel momento in cui aveva individuato il consumo di shampoo come indizio di evasione di un parrucchiere.

Lo shampoometro: chi rischia la lavata di capo del Fisco

Nel caso di specie una società di servizi per saloni di barbieri, parrucchieri e centri estetici, si è vista recapitare un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate con maggiori imposte (Irap, Ires ed IVA, maggiorate da sanzioni ed interessi) per un importo di 77.766 euro. Il Fisco aveva basato l’accertamento sulla discrepanza tra le spese per materie prime (in primis shampoo appunto) e i redditi dichiarati per l’attività. Sulla base di questi acquisti, le Entrate hanno dedotto guadagni maggiori non dichiarati. Di conseguenza hanno calcolato le imposte dovute.

Come abbiamo accennato, e come facilmente intuibile, questo tipo di controlli riguarda soprattutto le partite IVA ma non è escluso che il Fisco possa utilizzare il metodo induttivo anche per gli acquisti fatti dalle famiglie qualora riscontri gravi ed evidenti discrepanze.