Chi oltre alla casa di abitazione è proprietario anche di seconde case, molto spesso decide di concederle in affitto a terzi soggetti. Avere degli immobili sfitti (e non utilizzati) è solo sinonimo di tasse da pagare. Tra queste ad esempio l’IMU e la TARI.

Soprattutto in questo periodo di caro prezzi, dove lo stipendio o la pensione non bastano per arrivare a fine mese, avere entrate extra lavorativa è una manna dal cielo.
Il canone di locazione mensile che l’inquilino paga rappresenta, infatti, un’altra fonte reddituale per il proprietario e per la sua famiglia.

Essendo reddito, tuttavia, su di esso bisognerà poi pagare anche le dovute imposte. Ci riferiamo all’IRPEF (e addizionali) oppure alla cedolare secca, a seconda del regime di tassazione scelto. A queste bisogna poi aggiungere le tasse da pagare in sede di registrazione del contratto e quelle per le successive annualità di durata del contratto.

Diciamo subito che se il proprietario di casa opta per la c.d. cedolare secca, risparmia nell’immediato le tasse dovute in sede di registrazione e quelle per la annualità successive (l’imposta di registro).

La registrazione del contratto di locazione

Il contratto di affitto è soggetto all’obbligo di registrazione all’Agenzia delle Entrate. La registrazione della locazione deve essere fatta entro 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza, se precedente.

Laddove non si opti per la cedolare secca, sono dovute al momento della registrazione:

  • imposta di registro (2% del canone annuo per ogni anno di durata, con un minimo di 67 per la prima annualità)
  • imposta di bollo, per ogni copia da registrare (l’imposta è pari a 16 euro ogni 4 facciate scritte del contratto e, comunque, ogni 100 righe).

Il pagamento dell’imposta di registro può essere fatta anche cumulativamente per tutte le quattro annualità in sede di registrazione. In questo caso si ha un piccolo risparmio d’imposta.

Nel caso in cui, invece, si opta per la cedolare secca, come già detto, non è dovuta imposta di registro e nemmeno quella di bollo.

Le tasse sul canone di locazione

Il canone di locazione deve essere assoggettato a tassazione in sede di dichiarazione redditi. Questo significa, che il proprietario deve riportare il canone annuo (percepito nell’anno d’imposta) nella propria dichiarazione redditi.

Laddove si preferisce la tassazione ordinaria, il canone di locazione, dunque, sarà assoggettato alle ordinarie aliquote IRPEF per scaglioni. Queste, ricordiamo, attualmente sono le seguenti:

  • 23% fino a 15.000 euro
  • 25% oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro
  • 35% oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro
  • 43% oltre 50.000 euro.

Ci sono poi da aggiungere l’addizionale comunale e regionale.

Se, invece, il proprietario opta per la cedolare secca (imposta sostitutiva di IRPEF ed addizionali) si applica l’aliquota del 21% (oppure 10% se l’immobile locato si trova in comune ad alta densità abitativa).

La differenza sostanziale tra i due regimi di tassazione risiede non solo nella diversa aliquota d’imposta ma anche nel fatto che mentre nella tassazione ordinaria IRPEF il proprietario può far valere eventuali detrazione e deduzioni (quindi, riesce ad abbattere il carico fiscale), nella cedolare secca ciò non può avvenire.

Questo significa che laddove si hanno oneri detraibili e deducibili da poter riportare in dichiarazione redditi, potrebbe non risultare conveniente optare per la cedola secca.

Esempio pratico costi e tasse su contratto di locazione

Supponiamo che Tizio concede in affitto un suo appartamento (durata 4 anni + 4 anni di proroga). Canone mensile di 300 euro. Quindi, canone annuo di 3.600 euro.

La tassazione ordinaria comporta di dover considerare questi costi:

  • Registrazione = (2% di 3.600 euro con un minimo di 67 euro) + imposta di bollo 16 euro ogni 4 facciate del contratto
  • Annualità successive = (2% di 3.600 euro, ossia 72 euro)
  • IRPEF = 3.600 euro x 23% = 828 euro (a cui aggiungere addizionale regionale e comunale)

La tassazione con cedolare secca

  • Cedolare secca = 3.600 x 21% = 756 euro

Con la cedolare come si nota c’è un risparmio d’imposta.

Bisogna però considerare il fatto che in tal caso non si possono detrarre o dedurre oneri.