La pensione minima 2024 è una prestazione è riconosciuta dallo Stato a coloro che non raggiungono la soglia sufficiente per vivere con la rendita Inps. La prestazione è calcolata ogni anno in base al costo della vita e corrisponde a un minimo vitale per le esigenze quotidiane indispensabili. Questa prestazione non spetta a tutti indistintamente, ma solo a coloro che ricadono in un particolare regime di calcolo e possiedono redditi bassi.

Più che di pensione minima, si parla di integrazione al trattamento minimo. Vale a dire di rendita che l’Inps integra qualora il pensionato non riesce coi suoi contributi versati a ottenere una prestazione sufficiente.

Questo importo è oggi 598,61 euro al mese per tredici mensilità e per il 2024 è maggiorato del 2,7%. Vale quindi 614,77 euro al mese.

A chi spetta la pensione minima 2024

Premesso quindi che l’integrazione al trattamento minimo di pensione è una misura assistenziale concessa dallo Stato, vediamo adesso a chi spetta. La prestazione non è per tutti. Interessa solo ed esclusivamente i soggetti che possono vantare almeno un contributo settimanale versato prima del 1996. Sono esclusi tutti gli altri lavoratori, compresi quelli iscritti alla Gestione Separata la cui assicurazione è iniziata appunto nel 1996.

E’ quindi importante sapere che la pensione minima, così come la si definisce in gergo, non spetta a coloro che non rientrano nel sistema di calcolo retributivo della rendita. E’ del tutto evidente che, una volta entrato a regime il sistema di calcolo contributivo per tutti, questa prestazione sparirà da sola per effetto esaurimento del sistema del vecchio conteggio. In ogni caso, ogni anno che passa, sono sempre meno gli aventi diritto.

Da sapere, che l’integrazione al trattamento minimo di pensione non è automatico. Bisogna richiederlo all’Inps all’atto della domanda di pensione o in qualsiasi momento successivo. Sempre che sussistano i requisiti reddituali per poter ottenere e mantenere l’assistenza economica pubblica.

L’integrazione alla pensione è quindi di natura temporanea.

Limiti di reddito per ottenere la prestazione

Il diritto alla “pensione minima” sorge solo se sono rispettati determinati limiti di reddito. Per il soggetto non coniugato tale limite è pari a 2 volte il trattamento minimo pensionistico. Mentre per il pensionato coniugato, è necessario che il reddito complessivo non superi di 4 volte il trattamento minimo 2023, fermo restando il limite di cui sopra per il beneficiario. Tali limiti di reddito sono nel dettaglio:

  • 7.328,62 euro per pensionati non coniugati;
  • 14.657,24 euro per pensionati coniugati.

E’ prevista una riduzione dell’integrazione qualora si superano i predetti limiti ma non si oltrepassano i:

  • 14.657,24 euro per pensionati non coniugati;
  • 29.314,48 euro per pensionati coniugati.

Chi percepisce un assegno inferiore a 6.816,55 euro all’anno ha diritto anche all’importo aggiuntivo di 154,94 euro al mese.

L’integrazione al minimo è, pertanto, strettamente legata ai redditi del pensionato e della coppia. Ai fini della valutazione dei redditi bisogna considerare sia quelli personali che quelli del coniuge non legalmente ed effettivamente separato, con la sola eccezione dei redditi esenti da Irpef e che sono:

  • l’importo della pensione da integrare;
  • la casa di abitazione;
  • le rendite dell’INAIL;
  • le pensioni degli invalidi civili;
  • l’indennità di accompagnamento.
  • redditi già tassati alla fonte

Riassumendo…

  1. La pensione minima non è altro che una prestazione pensionistica assistita dallo Stato e integrata al minimo vitale.
  2. Spetta solo ai lavoratori che hanno almeno un contributo settimanale prima del 1996.
  3. La pensione minima è temporanea e dipende anche dai redditi personali e coniugali.