Con il lavoro che ormai è diventato itinerante, soprattutto tra i Paesi della comunità Europea, emergono diverse problematiche riguardo alle pensioni dei lavoratori. Parliamo di soggetti che hanno contribuzione versata in diversi Stati della comunità Europea. Infatti non sono pochi i lavoratori che si trovano in questa particolare condizione e, cioè, di avere contributi versati sia in Italia che in uno Stato estero. Una situazione questa che riguarda tanto gli italiani che gli stranieri. Perché l’Italia è piena di lavoratori che hanno lasciato il loro Paese di origine per lavorare da noi.

Ma come si fa ad andare in pensione con contributi versati in Paesi diversi? La risposta è nella totalizzazione dei contributi. Naturalmente nella sua versione internazionale.

Come maturare la pensione con contributi versati in Stati diversi, ecco la totalizzazione internazionale

Oggi rispondiamo al quesito di una nostra lettrice che proviene dalla Romania. È lei che ci chiede come può fare per andare in pensione in Italia dato che ormai è qui residente da oltre vent’anni. Ma sfruttando anche una decina di anni di contributi versati in Romania.

“Buonasera sono Irina e sono in Italia dal 2000. Escludendo qualche anno di lavoro in un albergo, ho sempre lavorato come badante. Voglio andare in pensione e non so come devo fare in Italia con i contributi della Romania. Resto a vivere qua ma non so che fare. Mi sapete spiegare come devo comportarmi?”

Convenzioni bilaterali, regole generali e cosa succede ai lavoratori con contributi versati in Stati diversi

Che sia la Romania piuttosto che la Germania, che sia la Francia piuttosto che il Belgio cambia poco. Perché grazie agli accordi tra Stati della comunità Europea e grazie alle convenzioni europee, esiste uno strumento adatto a consentire il pensionamento unificando i contributi versati in Paesi diversi. Ed è lo strumento che dovrebbe utilizzare la nostra lettrice.

Uno strumento utile per godere di un trattamento comprensivo di tutti i periodi lavorati sia in Italia che in Romania. Lo strumento si chiama totalizzazione internazionale. Con questo strumento non si fa altro che accumulare tutti i contributi, presso la Cassa Stato del Paese dove si decide di indirizzare la domanda di pensionamento.

Cosa serve per la totalizzazione dei contributi per le pensioni

Il primo vincolo necessario per poter sfruttare la totalizzazione e andare in pensione anche se si è lavorato all’estero, è che l’interessato deve avere una contribuzione minima in quella Cassa Stato dove decide di presentare la domanda di totalizzazione internazionale. Stando ai dettami della UE, tale minima contribuzione deve essere pari ad almeno 52 settimane, cioè almeno un anno. Però è anche vero che spesso le convenzioni bilaterali tra Stati prevedono diversi limiti minimi di contribuzione da versare. La totalizzazione è gratuita. Lo sottolinea anche il nostro INPS sul sito ufficiale alla pagina dedicata proprio alla totalizzazione internazionale.

La totalizzazione internazionale dei contributi secondo l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale Italiano

“I periodi assicurativi maturati nei Paesi a cui si applica la normativa internazionale (Regolamenti UE e Convenzioni bilaterali di sicurezza sociale) possono essere totalizzati gratuitamente”, questo si legge sul portale dell’Istituto. Lo strumento però non sposta di fatto i contributi da uno Stato all’altro, anche perché sarebbe impossibile l’operazione. Stati spesso con regole diverse, aliquote contributive diverse e perfino con moneta corrente diversa, non permettono una operazione di trasferimento contributi. Ma la totalizzazione serve per il diritto alla pensione di un lavoratore. I periodi utili alla totalizzazione sono quelli non sovrapposti. In pratica non si possono totalizzare periodi che coincidono tra gli Stati. Per esempio, se un lavoratore per l’anno 2022 ha versato 52 settimane di contributi in Italia al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, ma anche in Romania come autonomo, non può far valere due anni per il diritto alla pensione.