Versare più contributi serve per prendere una pensione più elevata. Ma può servire anche per maturare il diritto alla pensione. Perché le regole di pensionamento in Italia sono chiarissime. Senza la giusta carriera contributiva in pensione non si può andare. Una regola che vale per la pensione di vecchiaia, che senza aver raggiunto i 20 anni di contribuzione non si può centrare. Ma vale anche per chi punta ai 42,10 anni della pensione anticipata, ai 36 dell’Ape sociale e così via dicendo.

E se vi dicessimo che una contribuzione di 18 anni può arrivare a valere anche 20 anni? Oppure che una contribuzione di 25 anni può arrivare anche a valere 30 anni? Potrà sembrare strano ma per alcuni lavoratori questa possibilità c’è.

“Salve, sono un lavoratore che si avvicina ai 67 anni di età e vorrebbe iniziare a vedere come poter andare in pensione. Ho letto da qualche parte delle maggiorazioni contributive per gli invalidi. Io sono invalido all’80% e volevo capire se i miei contributi valgono di più. Credo che arriverà a 20 anni di versamenti per la pensione di vecchiaia, anche se non ne sono sicuro. Ecco perché mi interesso a queste maggiorazioni per vedere se posso”

Come far valere di più i contributi versati per andare in pensione prima

Ci sono lavoratori che per qualche anno o addirittura per qualche mese di contributi mancanti non riescono a completare i requisiti utili per una pensione. Questo vale per ogni misura previdenziale, perché a volte è l’età anagrafica a non contare (per esempio quota 41 e pensioni anticipate ordinarie), ma sui contributi c’è poco da fare. Infatti se il lavoratore non ha contributi versati a sufficienza, oppure da riscattare, non può andare in pensione. Sia per quella di vecchiaia piuttosto che per qualche nuova misura come la quota 103 o l’Ape sociale.

A meno che non ci sia la possibilità di far valere di più dei contributi che sono stati versati.

Perché ci sono alcune regole che permettono di considerare perfino 1,5 volte un anno di contributi, che al posto di valere 12 mesi di versamenti, vale 18 mesi. Una cosa non da poco.

Ci sono dei periodi di lavoro e di contribuzione che possono valere di più. Un tipico esempio riguarda proprio gli invalidi. Ogni periodo di lavoro successivo alla data del verbale della commissione medica invalidi civili delle ASL può valere 2 mesi in più. Ma solo quelli successivi al riconoscimento delle disabilità. Perché i precedenti valgono normalmente. Il recupero massimo può arrivare a 5 anni e quindi riguarda quanti hanno lavorato almeno 25 anni dopo essere stati riconosciuti invalidi.

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Un incremento di valore pari a 2 mesi per ogni anno di contributi versati, fino a massimo 5 anni di contributi figurativi in più. Questo è quello che consente di fare la normativa italiana in materia pensionistica. Un bonus contributivo, o meglio, una maggiorazione contributiva per chi è stato certificato invalido almeno al 74% da parte della commissione medica delle ASL. La maggiorazione contributiva si applica per ogni contributo versato dopo essere stati riconosciuti invalidi.

In pratica chi ha lavorato dopo il riconoscimento di un’invalidità pari o superiore al 74%, può godere di una maggiorazione di 2 mesi per ogni anno di versamento. Per periodi inferiori all’anno, la maggiorazione è calcolata sui periodi effettivamente svolti. La maggiorazione massima fruibile è pari a 5 anni, e quindi, riguarda quanti hanno completato 25 o più anni di contributi dopo il verbale di riconoscimento dell’invalidità civile.

Ovvero chi oggi ha completato 30 anni di contributi, ma 25 sono stati versati da invalido, è come se fosse già arrivato a 35 anni di versamenti.

Contributi da giovane, ecco quando un anno vale 18 mesi

Un’altra maggiorazione da non sottovalutare è quella per i chi vuole uscire con quota 41 precoci. Parliamo naturalmente di soggetti che hanno contributi versati per la loro pensione futura, quando erano ancora minorenni.

Infatti chi ha iniziato a lavorare prima dei 18 anni di età, può godere di una maggiorazione su questi periodi di versamento. Una maggiorazione che vale il 50% in più per ogni anno versato. In ogni caso il lavoratore ha diritto alla maggiorazione (anche quella per invalidi) anche per periodi inferiori all’anno.

La maggiorazione viene quindi parametrata ai periodi di lavoro. Pertanto, nel caso della maggiorazione per i precoci, 2 mesi di contributi prima dei 18 anni valgono 3 mesi. Così come 12 mesi valgono 18 e come 3 anni valgono 4,5 anni. L’importante è che il diretto interessato abbia il primo accredito successivo al 31 dicembre 1995, perché questa maggiorazione riguarda i cosiddetti contributivi puri.

In pratica oggi, chi ha 20 anni di contributi versati a partire dal 1996 (senza nessun altro versamento anche figurativo precedente), ma due anni sono stati completati prima dei 18 anni di età, è come se fosse già arrivato a 21 anni di versamenti.

Ecco alcune precisazioni sulle maggiorazioni contributive

Per completezza di informazione va detto che queste maggiorazioni non sono automatiche. infatti deve essere il diretto interessato a richiedere la loro applicazione all’INPS. Sia che l’interesse sia per la maggiorazione del 20% destinata ai periodi di lavoro svolto da invalidi che per la maggiorazione del 50% per quelli precedenti il diciottesimo anno di età. I contributi valgono per il diritto alla pensione e non valgono per il calcolo dell’importo della prestazione.

Infatti le maggiorazioni non sono utili per prendere una pensione più alta dal momento che 12 mesi di contributi versati prima dei 18 anni, valgono 18 mesi per arrivare ai contributi necessari per la pensione. Ma questa sarà calcolata sempre su 12 mesi e non su 18 mesi.