Le restrizioni introdotte dalla legge di bilancio 2023 per il pensionamento con Opzione Donna non piacciono. Sindacati e lavoratrici hanno più volte espresso il loro disappunto per le modifiche introdotte che riducono di fatto la platea delle beneficiarie di circola il 90%.

Il decreto lavoro in arrivo nei prossimi giorni sul tavolo del Consiglio dei Ministri dovrebbe contenere misure anche in materia di pensioni. E per l’appunto tenere conto dei malumori delle lavoratrici che da quest’anno possono andare in pensione anticipata con Opzione Donna solo se rientrano in determinate condizioni sociali di disagio simili a quelle previste per Ape Sociale.

Opzione Donna, come potrebbe cambiare

Al Ministero del Lavoro si sta quindi discutendo del possibile cambiamento dei requisiti necessari per andare in pensione con Opzione Donna. Il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone si è detta disponibile a valutare in che modo intervenire in base anche al numero di domande che arriveranno quest’anno.

Un intervento che però non potrà che diventare operativo dal prossimo anno. Per il 2023 le cose resteranno così come sono state modificate dalla legge di bilancio. Difficile, in ogni caso, che le cose possano cambiare ancora rispetto a quanto sancito dalla legge: si verrebbe a creare una disparità di trattamento e una valanga di ricorsi.

Più facile, secondo gli esperti, che Opzione Donna sparisca del tutto nel 2024 e che venga assorbita in Ape Sociale. L’anticipo pensionistico, del resto, prevede più o meno il possesso degli stessi requisiti sociali per andare in pensione (caregiver, disoccupate e invalide). L’unica differenza riguarda l’età e gli anni di contributi versati. D’altro canto – fa notare il sottosegretario al Lavoro Federico Freni – Opzione Donna così come era strutturata fino al 2022 costava troppo.

Cosa prevede la nuova versione 2023

Ma cosa è cambiato in sostanza da quest’anno per Opzione Donna? Innanzitutto l’età anagrafica che sale di due anni: non più 58 anni (59 per le autonome) ma 60 per tutte.

Resta la possibilità di ottenere uno sconto di un anno per ogni figlio fino al limite di 58 anni. Non cambia, invece, a 35 anni il requisito contributivo minimo.

Ma il vincolo più stringente riguarda l’appartenenza a determinate categorie sociali svantaggiate non contemplate fino al 2022. Da quest’anno per andare in pensione con Opzione Donna bisogna rientrare in una delle seguenti condizioni:

  • caregiver;
  • disoccupate;
  • invalide civili.

Nuovi vincoli che restringono, e non di poco, l’accesso alla pensione anticipata. In questo senso, come evidente, Opzione Donna tende ad allinearsi ai requisiti previsti per Ape Sociale. Le condizioni previste dalla riforma sono le stesse richieste da chi può ambire all’uscita anticipata dal lavoro a 63 anni di età con 30 di contributi. Quindi un requisito anagrafico più alto, ma contributivo più basso.

Il vantaggio della pensione che si otterrebbe con l’assorbimento di Opzione Donna in Ape Sociale sta nell’importo della prestazione. Come noto, la prima prevede il ricalcolo della pensione con il sistema interamente contributivo, mentre con Ape Sociale questo non succede.