Quando si parla di pensione integrativa, automaticamente si pensa ai fondi pensione. Media e propaganda, ci hanno messo in testa solo questa roba pensando che sia l’unica fonte quasi sicura per farsi una rendita privata da affiancare a quella pubblica. Quando, invece, le vie per costruirsi una pensione integrativa sono innumerevoli e svariate. Ce n’è per tutti i gusti.

La fabbrica dei fondi pensione ha dalla sua parte il vantaggio fiscale che lo Stato concede ai lavoratori e alle aziende che contribuiscono ad alimentare le varie forme di investimento.

Ma è fuori di dubbio che i costi di gestione e le imposte dei fondi alla fine assorbono, chi più e chi meno, i vantaggi fiscali ottenuti nel tempo dai lavoratori. Quali alternative ci sono allora?

La pensione integrativa fai da te

Se si abbandona la via maestra dei fondi pensione spesso rischiosi, le alternative per costruirsi una pensione integrativa non mancano. Bisogna però poter disporre di quel tesoretto chiamato Tfr che viene riconosciuto al termine del rapporto di lavoro. Ma se questo, al contrario, è conferito alle varie forme di gestione dei fondi pensione, non c’è modo di sfruttarlo al momento giusto.

Quindi, come fare per farsi una pensione integrativa su misura senza passare dai fondi ? La via più sicura è quella di prendere la buonuscita del Tfr o Tfs al momento dell’uscita dal lavoro e investirla in titoli di Stato italiani. Oggi il rendimento di questi strumenti a 10 anni viaggia in media intorno al 4,5%. Lo strumento finanziario corrisponde normalmente cedole a tasso fisso o variabile ogni sei mesi. Nel primo caso si parla di Btp (buoni del Tesoro poliennali), mentre nel secondo di Cct (certificati di credito del Tesoro).

Le cedole non sono altro che gli interessi periodici maturati che vengono riconosciuti a determinate scadenze. Possono, quindi, costituire benissimo un reddito aggiuntivo da affiancare alla pensione Inps per incrementarne il valore.

Ma mentre la pensione è corrisposta mensilmente, le cedole Sono riconosciute due volte all’anno, ogni sei mesi. Con un minimo di informazione, però si possono acquistare e detenere in portafoglio almeno 6 titoli Btp e/o Cct diversi per fare in modo di ottenere ogni mese una cedola da affiancare alla pensione.

Non solo titoli di stato

L’esempio può essere benissimo riferito anche ad altri strumenti finanziari più rischiosi. Come le azioni. In borsa esistono società a grande capitalizzazione e di particolare solidità patrimoniale in grado di remunerare gli azionisti con dividendi del 6-7% all’anno. Unica cosa da sapere è che il dividendo è generalmente corrisposto una volta all’anno e quindi l’integrazione alla pensione avverrebbe una tantum e non in maniera periodica.

Altra differenza importante rispetto ai titoli di Stato è la tassazione. Cedole e dividendi sono sempre tassati alla fonte. Ma mentre per le cedole dei titoli di stato le imposte sono al 12,50% sugli interessi maturati, per i dividendi è applicata la trattenuta del 26%. Quindi più del doppio. Oltre a questo bisogna considerare che per acquistare azioni di società a grande capitalizzazione bisogna mettere in conto anche il pagamento della tobin tax, pari allo 0,10% del controvalore investito.

Pertanto, non conviene integrare la pensione Inps investendo il proprio Tfr o altri capitali in titoli azionari, bensì in titoli di Stato. Anche esteri, laddove le imposte sono basse e la corresponsione degli interessi avviene almeno due volte all’anno.

Riassumendo…

  • Per integrare la pensione Inps non ci sono solo i fondi pensione.
  • Si può ottenere una rendita aggiuntiva investendo il Tfr in titoli di Stato italiani.
  • Anche le azioni offrono buoni rendimenti, ma le imposte ne scoraggiano l’utilizzo per farsi una pensione integrativa.