I nati nel 1956 sono i primi che possono accedere alla pensione di vecchiaia nel 2023. I requisiti ordinari prevedono, infatti, l’uscita dal lavoro al compimento di 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi.

Vi sono, tuttavia, altre possibilità per andare in pensione anticipata per i nati nel 1956, sempre che non ne abbiano già approfittato. Così come c’è chi ha già smesso di lavorare, volente o nolente, e dal 2023 può presentare istanza di pensione.

La pensione per i nati nel 1956

Come detto, la pensione di vecchiaia si ottiene con 67 anni di età con almeno 20 di contributi.

Questi due requisiti sono fondamentali per accedere al trattamento previdenziale ordinario. Chi nel 2023 compie 67 anni, ma non ha abbastanza contributi non potrà accedervi.

Per costoro è necessario che venga raggiunto il requisito minimo contributivo, anche mediante totalizzazione o cumulo. In assenza di queste possibilità, si può optare per i versamenti volontari, se mancano pochi mesi alla soglia limite dei 20 anni.

Se non ne valesse la pena o non si potesse perseguire una di queste due strade, bisogna valutare le deroghe ancora valide per alcuni tipi di lavoratori. Oppure attendere il raggiungimento dei 71 anni di età.

Come uscire con meno di 20 anni di contributi

La deroga più conosciuta è quella Amato del 1992 che permette di ottenere la pensione di vecchiaia con almeno 15 anni di contributi a determinate condizioni meglio specificate in questo altro articolo.

Chi però non rientrasse nei parametri, può accedere alla pensione anche solo avendo versato 5 anni di contribuzione. La legge Fornero ha infatti introdotto questa possibilità, ma la pensione sarà liquidata solo col sistema contributivo anche per i periodi lavorati prima del 1996.

La misura è però molto penalizzante poiché si può accedere alla pensione solo al raggiungimento dei 71 anni di età. Requisito anagrafico destinato a salire di 3 mesi ogni biennio per effetto dell’adeguamento dell’età alla speranza di vita.

E per chi ha meno di 5 anni di contributi cosa succede? Ebbene la legge prevede che tali contributi versati non possano essere restituiti dall’ente pensionistico che li ha riscossi. Ma nemmeno vanno persi. Pertanto, in qualsiasi momento possono concorrere al raggiungimento dei requisiti previsti per ottenere la pensione, anche in presenza di età anagrafica superiore ai 71 anni. In sostanza, nessuno vieta di lavorare anche in veneranda età per raggiungere la soglia minima dei 5 anni.

Le pensioni anticipate

Ma per i nati nel 1956 che compiono i 67 anni tardi nel 2023, magari a dicembre, si può ricorrere anche alle uscite anticipate previste dalla normativa. Purché il lavoratore abbia maturato il diritto a suo tempo previsto e non lo abbia mai esercitato. In questo caso bisogna però possedere un monte contributivo ben superiore alla soglia minima di 20 anni.

Con Quota 100 e Quota 102 si può lasciare il lavoro con 38 anni di contributi. Con Quota 103, in vigore dal 1 gennaio al 31 dicembre 2023, si potrà andare in pensione con 41 anni di contributi. In ogni caso si tratta di soluzioni che vengono assorbite dal requisito ordinario previsto per la vecchiaia al compimento dei 67 anni di età.

Così come Quota 41. Cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Possibilità riservata ai lavoratori precoci che possono vantare almeno 12 mesi di contribuzione prima del compimento dei 19 anni di età.

L’importo della pensione

Discorso a parte merita l’importo della pensione. Chi ha diritto alla liquidazione della rendita con il sistema retributivo e contributivo (misto) otterrà una prestazione più alta rispetto a chi ha diritto alla pensione liquidata col solo sistema contributivo.

Sul montante contributivo, quindi, è applicato il coefficiente di trasformazione che determina l’importo esatto della prestazione. Vale solo per la parte contributiva a calcolo della pensione. L’Inps mette a disposizione un programma per simulare la pensione futura.

Particolare attenzione bisogna però prestare a quando si è cominciato a lavorare. Se si è iniziato dopo il 1995, i contributi versati valgono solo per la liquidazione con il sistema contributivo puro, più penalizzante. La legge prevede, infatti, un terzo requisito, oltre all’età e alla soglia contributiva minima di 20 anni. Ovvero, il limite minimo di importo di pensione.

In pratica, solo chi può ottenere una rendita pari ad almeno 1,5 volte l’importo minimo dell’assegno sociale ha diritto alla pensione di vecchiaia a 67 anni. Oggi questo limite vale 705 euro mensili, ma dal 2023 salirà a 756 euro per effetto della rivalutazione delle prestazioni.