Più passa il tempo è più sembra che il governo non voglia realmente fare la riforma pensioni. Già lo scorso anno si erano percepiti segnali in questo senso e oggi, alla vigilia della presentazione del Documento di Economia e Finanza (Def), poco si nuovo si intravvede all’orizzonte.

Il governo, scosso dalla crisi in Ucraina, non ha ancora fatto sapere nulla su come procedere e i sindacati sono ancora in attesa di nuovi confronti. Tutto depone per l’attesa a tempi migliori.

In pensione nel 2023, cosa potrebbe cambiare

Di fatto, il quadro normativo che verrà non dovrebbe toccare la riforma Fornero che prevede in sostanza l’età della pensione agganciata alla speranza di vita. Quindi la pensione di vecchiaia (oggi a 67 anni) o anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne) non saranno toccate.

Si punta, invece, a modificare la legge nella parte in cui è concessa la pensione ai contributivi puri al raggiungimento dei 64 anni di età con almeno 20 anni di versamenti. A oggi ne hanno diritto solo coloro che possono beneficiare di una pensione non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale, circa 1.310 euro al mese.

Soglia che potrebbe scendere a 1,5-1,6  volte per ampliare la platea dei lavoratori. A quel punto, chi lo desidera, potrà andare in pensione a 64 anni a patto che i contributi versati nel sistema retributivo siano migrati a quello contributivo. Come previsto per Opzione Donna.

Cosa resta ai lavoratori dal prossimo anno

In assenza di interventi, però, le vie d’uscita alternative alle regole ordinarie restano poche. Da Opzione Donna a Quota 102, le deroghe alla riforma Fornero sono in scadenza a fine anno e non è detto che saranno rinnovate.

Con la fine di Quota 102 e il mancato rinnovo di Opzione Donna a fine 2022, quindi, le pensioni anticipate dovrebbero sparire. Il nuovo scenario dovrebbe prevedere solo uscite a 64 anni nel sistema contributivo o con Ape Sociale a 63 anni.

Secondo gli esperti del Ministero del Lavoro, Opzione Donna potrebbe essere assorbita in Ape Sociale. Quindi non più in pensione a 58-59 anni con 35 di contributi, ma a 63 anni con 30 di contributi, con più soldi di pensione e meno tempi di attesa.