La cessione del credito superbonus 110% può esser effettuata sia dai titolari di partita iva sia dai privati dipendenti con busta paga. Tuttavia tra di loro vi soni delle sostanziali differenze nel caso in cui la cessione non dovesse andare a buon fine.

La cessione del bonus 110%

In alternativa alla detrazione bonus 110%, per le spese 2020, 2021 e 2022, il contribuente può optare alternativamente:

  • per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
  • per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

Tale possibilità, cessione della della detrazione/sconto in fattura non è ammessa solo per il superbonus 110%, ex art.

119 del D.l. 34/2020, decreto Rilancio. Infatti, l’opzione riguarda anche gli interventi: di recupero del patrimonio edilizio (bonus ristrutturazione), efficienza energetica, rischio sismico, ecc.

Cessione del credito bonus 110: differenze tra lavoratori con busta paga e partite IVA, occhio alle rate residue

La cessione del credito può esser effettuata sia dai titolari di partita iva sia dai privati dipendenti con busta paga. Sempre in riferimento a lavori eseguiti su immobili residenziali.

Possono optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito anche i contribuenti forfettari. Attenzione, per loro, più che un’opzione si tratta di un obbligo. Se oltre al reddito tassato in via forfetaria non hanno altri redditi soggetti ad Irpef, per beneficiare del bonus 110%, devono optare o per lo sconto in fattura o per la cessione del credito.

Con la circolare n. 24/E 2020 l’Agenzia ha confermato che l’opzione può essere esercitata anche per le rate residue delle detrazioni non ancora usufruite.

In tal caso, la cessione deve riferirsi a tutte le rate restanti ed è irrevocabile.

Sulle rate residue, la differenza tra un lavoratore dipendente e un titolare di partita iva in regime forfettario o di vantaggio è che, in caso di omessa o tardiva comunicazione di cessione del credito all’Agenzia delle entrate:

  • il primo può portare in dichiarazione dei redditi la rata o le rate non cedute nei termini,
  • il secondo invece perde le rate di detrazione per le quali la cessione non si è perfezionata.

Per tale motivo, in un nostro precedente articolo, abbiamo parlato di “trappola per i forfettari“.

La situazione cambia laddove, oltre al reddito conseguito dalla sua attività di impresa/professione, il forfettario possegga altri redditi assoggettati ad Irpef. Si pensi ad un reddito da locazione per il quale non ha optato per la cedolare secca.

In tale caso non perderà le rate della detrazione per le quali la cessione non è stata fatta o non è andata a buon fine.