I controlli dell’Agenzia delle Entrate sulle false partite Iva continuano imperterriti, anche in caso di comunicazioni di cessata attività. Come canta Fabio Rovazzi:”Faccio quello che voglio, faccio quello che mi va. Quest’estate sono fuori controllo e del testo tanto non ne ho bisogno […] Attirati dal male, l’onestà non ha budget. Tutto ciò che è vietato, ci piace. Facciamo dei modelli sbagliati, la normalità”. 

Tante, purtroppo, sono le persone che sembrano essere fuori controllo e si comportano non rispettando le regole.

Lo sa bene l’Agenzia delle Entrate che effettua continue verifiche sui movimenti dei contribuenti in modo tale da scoprire eventuali casi di evasione fiscale.

Cessata attività: i controlli sulle false partite IVA vanno avanti comunque

Entrando nei dettagli, come si evince dal comma 12 dell’articolo 23 della Legge di Bilancio 2024, verranno fatti:

“scaturire i medesimi effetti preclusivi previsti per i soggetti già destinatari del provvedimento di cessazione di altra partita IVA (presentazione di fideiussione, eventualmente parametrata alle violazioni fiscali riscontrate) anche nelle ipotesi in cui il contribuente abbia autonomamente comunicato, nei 12 mesi precedenti, la cessazione dell’attività“.

In particolare, stando alle nuove disposizioni, a partire dal prossimo anno:

“la partita IVA può essere richiesta (successivamente alla cessazione ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1) dal medesimo soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, costituiti successivamente al provvedimento di cessazione della partita IVA, solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro (condizione prevista dal precedente comma 15-bis.2) anche in conseguenza della notifica da parte dell’ufficio di un provvedimento che accerta la sussistenza dei presupposti per la cessazione della partita IVA, in relazione al periodo di attività, ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis.1, nei confronti dei contribuenti che nei 12 mesi precedenti abbiano comunicato la cessazione dell’attività ai sensi del comma 3″.

Partite Iva abusive nel mirino del Fisco

Ne consegue che non basterà comunicare spontaneamente la cessata attività per sfuggire alle misure punitivo-cautelari.

Fino a ben dodici mesi dopo da tale comunicazione, infatti, i soggetti interessati potranno dover fare i conti con un provvedimento che accerti l’insussistenza dell’impresa e stabilisca l’obbligo di prestare apposita garanzia nel caso in cui si desideri avviare una nuova attività. È inoltre prevista una sanzione dall’importo pari a tre mila euro. Quest’ultima molto probabilmente verrà applicata anche nel caso in cui sia trascorso più di un anno dalla cessazione volontaria.

Al fine di individuare eventuali partite Iva abusive l’Agenzia delle Entrate valuterà i profili dei contribuenti e l’eventuale rischio di evasione prendendo in considerazione diversi elementi. Tra questi si annoverano il tipo e la modalità di svolgimento della propria attività. Ma non solo, anche eventuali anomalie economico-contabili e la posizione fiscale del titolare della partita IVA. Gli elementi di rischio vengono definiti tenendo conto delle informazioni derivanti dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, così come quelle rese disponibili da altre banche dati pubbliche, private e altri enti. Si resta comunque in attesa del testo ufficiale della prossima Legge di Bilancio per sapere quali misure troveranno effettiva applicazione a partire dal 2024 e chi finirà sotto la lente di ingrandimento del Fisco.