Qual è la prescrizione per le cartelle Inps? Per molto tempo ha serpeggiato il dubbio fra i contribuenti che i termini di prescrizione per crediti contributivi fossero 10 anni, ma in realtà non è così. Il credito Inps si prescrive in cinque anni, come anche ribadito più volte dalla Corte di Cassazione.

Secondo i supremi giudici, le cartelle esattoriali (non solo quelle emesse dall’Inps) hanno natura amministrativa e pertanto seguono tempi e procedure diverse rispetto ai provvedimenti di natura giudiziaria, come ad esempio le sentenze emesse dai giudici che si prescrivono in 10 anni.

Sicché le cartelle di pagamento, qualsiasi sia la natura dell’importo in esse richiesto, abbiano un termine di prescrizione diverso dalle sentenze giudiziarie.

Prescrizione cartelle Inps in cinque anni

Alla luce di ciò, si può affermare con ragionevole certezza che la cartella esattoriale Inps ha una prescrizione di cinque anni. E ciò vale anche quando si tratta di una cartella non impugnata e, perciò, divenuta definitiva. Secondo la Cassazione, quindi, nel caso in cui, nell’arco di 5 anni dalla notifica della cartella esattoriale Inps non proceda alla riscossione coattiva, ossia al pignoramento dei beni del contribuente, né notifichi una nuova richiesta di pagamento (sollecito). Detti atti formali hanno l’effetto di interrompere la prescrizione (sono chiamati «atti interruttori della prescrizione») e di farla partire da capo a partire dal giorno successivo alla notifica. In altre parole la prescrizione è valida solo se l’Inps non comunichi più nulla al debitore o non agisca in tal senso, “dimenticandosi” di recuperare il credito per cinque anni. L’inerzia farà scattare la prescrizione.

Prescrizione discarico in 10 anni

Sul punto è però bene precisare che la Corte di Cassazione ha precisato che, sebbene i crediti Inps siano prescrivibili in 5 anni, il discarico non può avvenire prima che siano trascorso 10 anni. Ponendo fine a una diatriba che vedeva opposti un contribuente all’Agenzia delle Entrate, i supremi giudici hanno stabilito che per il discarico non si debba tenere conto della normativa di riordino della disciplina della riscossione mediante ruoli, che si fonda su una revisione profonda dei rapporti tra ente impositore e agente della riscossione.

L’art 2 del dlgs n. 37/1998 ha eliminato “l’obbligo del non riscosso come riscosso, in base al quale a carico dell’esattore prima e del concessionario poi gravava l’onere di versare alle prescritte scadenze all’ente impositore l’ammontare pro rata dei crediti a ruolo, anche se non pagati dal debitore.”

Tale eliminazione ha cambiato i rapporti tra ente impositore e agente della riscossione, perché dal 1999 quest’ultimo “non è più obbligato a riversare all’ente le somme eventualmente corrispondenti ai ruoli trasmessi, ma deve versare soltanto ciò che riesce a riscuotere tempo per tempo.” Questo ha fatto si che l’agente di riscossione, per le riscossioni non andate a buon fine, ha potuto adottare la “procedura di discarico per inesigibilità” prevista dall’art 19 del dlgs 112/1999. Pertanto, nell’ambito della procedura amministrativa intercorrente tra ente creditore e concessionario, se l’ente, dopo il discarico, individua elementi patrimoniali e reddituali riferibili ai debitori può, sempre che non sia decorso il termine prescrittivo decennale e non esistano impedimenti, riaffidare le somme in riscossione all’agente, comunicando i beni aggredibili e le azioni cautelari o esecutive da intraprendere.