Una delle condizioni per poter accedere alla pensione anticipata con Ape Sociale è quello di essere caregiver. Cioè assistere e prendersi cura di persone invalide in via continuativa. Bisogna poi avere almeno 63 anni di età e 30 di contributi.

La condizione di caregiver diventa quindi il terzo requisito da rispettare per poter beneficiare dello scivolo pensionistico previsto da Ape Sociale. Ma se l’assistito muore o viene ricoverato in ospedale o in una struttura sanitaria cosa succede?

Ape Sociale e caregiver, quando si perde il diritto alla pensione

Ebbene il dubbio non è di poco conto, anche perché se i requisiti anagrafici e contributivi sono certi, quello di caregiver non lo è.

Poiché dipende dall’esistenza in vita della persona che si sta assistendo. Se questa muore, anche l’erogazione dell’anticipo pensionistico di Ape Sociale viene meno.

Quindi un lavoratore rischia di dover rientrare al lavoro se l’assistito decede? Non è proprio così. A fare chiarezza sulla questione che spesso ha trovato impreparati molti consulenti e lavoratori è l’Inps. Con il messaggio n. 1481 del 4 aprile 2018 sono spiegati i casi in cui il diritto non è revocato.

In breve, Ape Sociale non può essere riconosciuta a chi assiste un parente invalido se, alla data di decorrenza effettiva del trattamento, l’assistito sia deceduto. Il diritto alla pensione, invece, non viene meno se il decesso si verifica dopo la data di decorrenza effettiva del trattamento pensionistico.

A tal proposito ricordiamo che Ape Sociale decorre dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda. Pertanto è solo in questo lasso di tempo che il diritto potrebbe venire meno. Se ciò non avviene, il trattamento decadrà solo al raggiungimento dei requisiti per la pensione. Oppure se il beneficiario realizzi redditi da lavoro per i quali è prevista la revoca.

Chi sono i caregiver, requisiti

I caregiver rientrano nella casistica dei beneficiari di Ape Sociale.

Ma esattamente quali requisiti bisogna dimostrare di possedere? Non basta assistere una persona in condizioni di disagio (solitamente un familiare), bisogna anche rientrare in determinate condizioni annesse.

L’assistenza del familiare, ad esempio, deve essere svolta gratuitamente e in modo continuativo da almeno 6 mesi. L’assistito, inoltre, deve essere riconosciuto come portatore di handicap grave (ai sensi della legge 104/92 art. 3 comma 3).

L’assistenza a un parente o un affine di secondo grado convivente è ammessa qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età. Oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Infine, il riconoscimento di caregiver può essere concesso ad un solo familiare o persona esterna dell’assistito e la nomina deve essere fatta formalmente dalla persona in condizioni di disagio. Inoltre l’assistito non deve risultare ricoverato presso una casa di riposo o in ospedale.