Ritocco sostanziale alle buste paga, con l’obiettivo dichiarato di favorire i lavoratori coi redditi più bassi. Una mossa annunciata da tempo e che trova ora un inquadramento ufficiale con il taglio definitivo dell’aliquota contributiva.

Aumento busta paga

Il sostegno promesso ai meno abbienti o con contratti di lavoro non in grado di fornire un sostentamento oltre una certa soglia, è stato dunque concertato in modo definito con la pubblicazione, in Gazzetta ufficiale, della legge di conversione del decreto 48, relativo proprio alla riduzione del 6% dell’aliquota a carico dei lavoratori subordinati.

A patto, chiaramente, che la loro situazione pecuniaria rispecchi il requisito base, ossia uno standard reddituale non superiore ai 35 mila euro lordi annui. La misura, così com’è stata pensata, riguarderà circa 14 milioni di impiegati in modalità contrattuale subordinata. Il riferimento temporale sarà ai periodi di paga che vanno da luglio a dicembre 2023. Inoltre, per coloro che guadagnano stipendi tali da non andare oltre i 25 mila euro di reddito, il taglio si attesterà al 7%. Il principale vantaggio, sarà un ritocco all’insù delle buste paga.

La notizia, confermata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, col ministro Marina Calderone a sottolineare la bontà della riforma, punta a potenziare il potere d’acquisto delle famiglie tramite il taglio del cuneo fiscale. L’obiettivo primario è quello della promozione del lavoro e l’accompagnato delle persone tramite sostegni alle fragilità. In questa direzione, vanno anche altre iniziative quali l’introduzione dell’assegno di inclusione, grazie al quale si punta al superamento del Reddito di Cittadinanza e all’incremento delle risorse impiegabili nel mondo del lavoro.

Taglio del cuneo fiscale, buste paga più alte: come cambia l’importo netto

Buste paga più pesanti, significa tendenzialmente il potenziamento del proprio potere d’acquisto. In pratica, il ritocco degli importi netti dovrebbe consentire alle famiglie con redditi più bassi di far fronte al periodo di austerità imposto dall’inflazione.

È comunque opportuno ricordare che, per ora, si ragiona sulla base di strumenti provvisori, il cui effetto sarà limitato al periodo che a dal mese corrente ino a dicembre 2023. Un periodo abbastanza limitato per determinare quali saranno gli effetti reali del provvedimento. Il quale sarà comunque utile per superare un trimestre che, al netto dei dati sull’occupazione, si annuncia abbastanza complesso.

La prima busta paga rinnovata sarà dunque quella del mese di luglio, con variazioni in positivo che oscilleranno tra i 25 e i 65 euro. E con un ritocco migliore per gli stipendi già più eleati. Riferendosi esclusivamente ai dipendenti con contratto subordinato, saranno esclusi dalla misura tutti coloro con contratti co.co.co. e, ovviamente, gli autonomi.

Tenendo conto che il taglio del cuneo fiscale era parzialmente già attivo, la percentuale dichiarata andrà a unirsi alla precedente revisione delle aliquote. In sostanza, a seconda del reddito, sarà determinato il nuovo importo netto in modo proporzionato. Ad esempio, qualora il reddito non superasse i 10 mila euro, l’aumento sarebbe al minimo, ossia 25 euro circa. E via discorrendo fino alla soglia massima dei 35 mila euro, per la quale si ragionerà su percentuali più basse (il taglio del 7% sarà destinato ai redditi pari a 25 mila euro) ma con uno step comunque più elevato, circa 65 euro in più.

Riassumendo…

  • con la pubblicazione, in Gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto 48, parte definitivamente il taglio del cuneo fiscale al 6%;
  • le buste paga aumenteranno tra 25 e 65 euro netti (a seconda del reddito) per i lavoratori subordinati, la cui soglia reddituale non superi i 35 mila euro;
  • per i redditi pari a 25 mila euro, sarà possibile beneficiare di un taglio pari al 7%, per via della definizione della misura precedente di riduzione delle aliquote.