Sempre più persone si spostano dal lavoro dipendente per aprire una partita IVA. Durante la pandemia abbiamo assistito a una vera e propria esplosione di attività digitali. E-commerce, startup e nuove figure professionali (svolte principalmente in libera professione) mai esistite prima.

Gli e-commerce nel 2022 hanno continuato a crescere (+8%) anche se in maniera più contenuta rispetto al 2021 (+18% sul 2020).   Anche le startup, fiorite durante la pandemia, hanno continuato il loro trend di crescita nel 2022 come rivela il monitoraggio trimestrale dedicato ai trend demografici e alle performance economiche delle startup innovative prodotto dal MIMIT (Direzione Generale per la Politica Industriale, l’Innovazione e le PMI), da InfoCamere, da Unioncamere e da Mediocredito Centrale.

Nel terzo trimestre 2022, si è registrato il numero più alto di imprese innovative di sempre (14.708 unità).

Nel mondo del lavoro, invece, sono sempre richieste figure professionali con elevate competenze digitali, sia in partita IVA sia come dipendenti: lo conferma il Bollettino del Sistema informativo Excelsior 2022, realizzato da Unioncamere e Anpal.

Abbiamo parlato di nuove professioni digitali e startup emergenti con Carolina Casolo, esperta di fiscalità oltre che in numerosi campi ancora inesplorati: a partire dalle nuove professioni legate al diritto d’autore su piattaforme online come Twitch, Onlyfans & YouTube; passando dagli NFT alle Crypto, per arrivare fino alla regolamentazione del Metaverso. 

Nel corso dell’intervista, Casolo ha fornito molti consigli utili e pratici per avviare e gestire il proprio business online nel 2023 e avviare una carriera nel mondo digitale, un campo ancora pieno di dubbi e incertezze ma tutto ancora da sfruttare.

Quali sono le professioni digitali nate durante la pandemia?

Le nuove professioni digitali esplose durante la pandemia sono attività principalmente legate all’online, alle piattaforme di social media dedicate ai contenuti esclusivi, come OnlyFans, che ha registrato un boom di iscritti in quel periodo. Alcune di queste piattaforme sono tra i miei clienti con i guadagni più alti.

 

Proprio OnlyFans, ad esempio, ha dato grandissima visibilità all’attività di performers, singoli o in coppia, che si sono fatti conoscere e apprezzare tramite la produzione di contenuti audio, video e che generano di conseguenza subscriptions [abbonamenti al proprio canale]. 

Il Metaverso, invece, ha gettato le sue fondamenta durante il Covid per avere poi un esplosione nel 2022, anche se non così alta e impattante. Ha visto la nascita di figure come lo Sceriffo del Metaverso, una sorta di moderatore chat evoluto, e di tutte quelle attività legate alla creazione di NFT o avatar. 

Nuove figure professionali sono nate anche su social come TikTok. Qui, troviamo i creatori di ASMR, che riproducono suoni onomatopeici con l’uso di microfono e i Loyalty Tester che testano in prima persona la serietà delle relazioni di coppia fingendo di innescare un tradimento. Ci sono poi gli E-Player, che svolgono attività sportiva tramite gaming. 

Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano e il Comitato Promotore E-Sports Italia hanno siglato a fine 2022 – al Foro Italico – un protocollo d’intesa e una convezione finalizzati alla cooperazione per supportare le Federazioni e le DSA a sviluppare al loro interno un settore dedicato agli Sport Elettronici e Simulati.

Molti associano l’attività digitale con la figura del content creator o dell’influencer. Ma quanto guadagnano davvero questi professionisti?

A questa domanda non si può rispondere in maniera standardizzata. Dipende da molti fattori quali la popolarità degli influencer, il tipo di contenuto che creano, la loro audience e dal numero di followers che hanno o dalla bravura del content creator. E’ il modello di business, la strategia che si è messa a punto per il proprio mercato che fa la differenza. 

Per esempio, ci sono influencer posizionati molto bene rispetto a un target specifico di settore che non lavorano sempre con la stessa frequenza ma sono riconosciuti e associati a questa figura professionale.

I brand sono disposti a pagare questi professionisti del digital con un importante corrispettivo per la prestazione professionale.

Ci sono poi influencer che magari hanno molto seguito ma non sono targettizzati: è difficile per loro avere una buona remunerazione al posto del tempo speso sui social anche collaborando con i brand. Lavorano più che altro con codici sconto o commissioni di referral. In questo caso, sia il monte corrispettivo che il volume d’affari sono più bassi. 

Il lavoro del content creator, invece, consiste nel produrre contenuti originali e di qualità per il web. In particolare, il content creator deve essere in grado di ideare e realizzare contenuti adatti ai diversi social media. 

Si tratta di una figura professionale sempre più richiesta in ambito digitale e può essere svolta anche da professionisti non necessariamente conosciuti o famosi. Magari, ha iniziato l’attività da poco, la bravura sta appunto nella creazione dei contenuti e anche il sapersi dedicare a un settore specifico. Come ad esempio il food o i viaggi che oggi vanno per la maggiore. 

Il posizionamento di un content creator deriva quindi dalla capacità di quest’ultimo di produrre contenuti di qualità che siano in linea con le aspettative dei propri lettori permettendogli così di guadagnare cifre importanti. 

Quali sono le principali difficoltà fiscali che riscontrano i professionisti digitali? Sono obbligati ad aprire una partita iva?

Senz’altro il fatto di non essere conosciuti come figure dagli studi tradizionali o dal commercialista, in quanto è meno ferrato verticalmente sulle professioni delle persone fisiche e soprattutto sulle nuove professioni digitali. Diverso è il discorso delle aziende e la loro gestione contabile, fiscale, civilistica. 

Per contro, la libera professione necessita di studi approfonditi con gli enti per capire il tipo di attività che svolge una persona. Di conseguenza come tradurla in un corretto inquadramento fiscale-previdenziale.

Cioè tutte quelle regole e procedure da seguire per definire il reddito dato dalla differenza tra i ricavi e i costi inerenti, il calcolo delle imposte e dei vari tributi diversi da corrispondere all’erario. 

Ad esempio, per molti miei clienti come influencer e content creator ci siamo dedicati ad un lavoro di riconoscimento e correzione della loro posizione IVA che spesso deriva da inquadramenti fiscali-previdenziali errati. 

Superato questo primo step, la difficoltà risiede nel ricercare il regime fiscale più vantaggioso, applicare la modalità di fatturazione e la fiscalità diretta conseguente. Nei casi di artisti, performer, influencer o ancora modelle c’è poi una questione di diritti d’immagine o d’autore che va gestita in modo molto verticale perché regolata da norme altamente specifiche.

Quale consiglio daresti a chi vuole avviare un’attività come creator o in una delle nuove professioni digitale, ad oggi molto ambite?

Il mio consiglio è quello di rivolgersi sempre a un professionista/consulente qualificato in ordine alle professioni creative e digitali (youtuber, influencer, creator, streamer content creator ed altre). 

È necessario infatti essere consapevoli delle normative e delle leggi esistenti nel proprio Paese, in modo da assicurarsi di adempiere ai propri obblighi fiscali. 

In base al modello di business che si intende creare, l’esperto identifica la strategia fiscale: come affrontare dal punto di vista fiscale l’attività / professione che si intende gestire, il regime fiscale da applicare, l’inquadramento, i contributi e/o le spese fisse. Ovviamente va poi creato un business plan che dal punto di vista fiscale, è uno strumento importante per massimizzare i profitti. 

Infine, è importante sfruttare al meglio i vantaggi che l’online offre. Ad esempio, le piattaforme di streaming come YouTube, Twitch e Facebook possono essere utilizzate per la monetizzazione del contenuto. Senza dover affrontare i costi di gestione di un sito web mentre le piattaforme di crowdfunding come Kickstarter o Patreon possono essere utilizzate per raccogliere fondi dai fan. 

Comprendere bene il fisco aiuterà ad avere strumenti che poi permettono di essere autonomi, come ad esempio gestire al meglio i preventivi ai clienti. 

Quando è il momento di aprire una partita iva? Come si gestiscono le scadenze burocratiche senza impazzire? Quando è vantaggioso scegliere il regime forfettario?

Aprire una partita IVA è obbligatorio nel caso di attività che richiedano un requisito professionale, igienico-sanitario o di onorabilità. O in caso di svolgimento di un’attività artigianale dove è richiesto che ci si iscriva all’INAIL. 

Ci sono poi le attività commerciali, ovvero redditi d’impresa. Tra queste rientra ad esempio anche lo Youtuber, che quindi deve avere una posizione IVA aperta per poter monetizzare tramite i suoi video. 

Purtroppo, a oggi, molti soggetti svolgono attività per cui è obbligatoria aprire una partita IVA, ma senza di fatto avere una posizione IVA aperta. 

Al contrario, attività libero-professionali che non richiedono un esame di stato, come il copywriter o l’interprete, si possono svolgere sotto forma di prestazione occasionale, sempre rispettando le regole che questo prodotto pone in essere rispetto al contribuente.

A questo proposito, va ricordato che la prestazione occasionale è stata riformata con la Legge di bilancio 2021 per l’anno d’imposta 2022. Richiede una comunicazione preventiva all’ispettorato del lavoro per evitare l’abuso del prodotto fiscale e, quindi, un utilizzo quando non ci sono i requisiti. 

Passiamo ora alle startup. Spieghiamo cosa sono dal punto di vista fiscale e normativo e le differenze rispetto alle imprese tradizionali.

C’è grande confusione rispetto a questo termine, anche da parte dello stesso Governo che ha chiamato “aliquota start up” l’aliquota agevolata del forfettario. Una startup è semplicemente un’azienda appena nata. 

In generale, una startup o comunque una società, si avvia in un momento in cui si ha un certo volume d’affari cristallizzato che quindi si pensa di introitare. In caso contrario non avrebbe senso. 

Essendo, infatti, la società un ente giuridico a sé stante nel momento in cui si introitano dei soldi con la stessa il socio non potrebbe prelevarli in maniera diretta. Andrebbero fatti risultare tramite un prodotto fiscale-previdenziale che chiaramente dovrebbe prevedere una tassazione e una contribuzione. Quindi, forse, è sempre meglio cominciare con l’aprire una partita IVA personale. 

Altra questione sono le startup innovative. Attività che aprono con requisiti molto particolari che rientrano in uno speciale registro imprese e hanno quindi diritto ad agevolazioni. 

Ad esempio, non pagano i diritti camerali alla Camera di Commercio né per l’iscrizione, né per il deposito del bilancio e delle pratiche camerali. Possono essere incubate, cedere le quote o avere accesso ai bandi in maniera semplificata. 

Anche il costo di costituzione di questo tipo di startup è minore. A questo proposito il portale Iubenda è stato il primo in Italia a offrire la possibilità di creare online una startup innovativa. Sfortunatamente la casta dei notai ha messo fine a questa possibilità. 

In conclusione, quali consigli vorresti dare a chi vuole aprire una startup?

Il primo consiglio a chi vuole mettersi in proprio e aprire una partita iva è analizzare tutto ciò che si collega all’attività di interesse. Questo in maniera da capire quale professione si vuole mettere in essere.

Essere consci del modello di business che si desidera e di tutte le attività che si andranno a svolgere è fondamentale. Permette, infatti, di essere chiari nel momento in cui ci si rivolge a un professionista che ci aiuterà nella gestione e nell’avviamento della nostra attività. 

Fondamentale, è poi trovare proprio quel consulente o studio che siano competenti e soprattutto verticali. 

Nel caso delle nuove professioni digitali, ad esempio, rivolgersi al professionista o alla società sbagliata significherebbe ricevere una consulenza inadeguata. Non a misura di queste professioni. 

Aprire una partita iva in sicurezza

Da ultimo, è sempre basilare conoscere e studiare un minimo la materia fiscale, previdenziale e burocratico/amministrativa. Pensare di appoggiarsi solo al professionista vorrebbe dire non avere le conoscenze complete per poter svolgere al meglio la propria attività. 

Infatti, non capire come funzionano le tasse e i contributi può tradursi nel non saper fare un preventivo corretto al cliente, rischiando di perderci. Non conoscere il numero di adempimenti a cui si deve ottemperare può significare non dare la giusta attenzione all’acquisto di un software gestionale a misura delle proprie necessità. 

Il consiglio finale è quindi di ampliare il più possibile le proprie conoscenze personali collaborando con il proprio professionista di fiducia. Ciò è per poter fondere al meglio due situazioni complementari.