Tra “bonus Maroni” e Quota 104, il pensionamento potrebbe diventare un bel dilemma. Andare in pensione prima o restare al lavoro più anni, beneficiando di un supplemento sulla retribuzione? La nuova Quota 104 (63 anni di età e 41 di contributi) permette di anticipare la pensione (sebbene abbia in realtà prolungato di un anno la precedente Quota 103, a 62 anni), ma è anche possibile posticiparla fino a 67 anni, usufruendo del bonus Maroni, con un cospicuo aumento di stipendio.

Quest’ultimo era già stato proposto nell’anno in corso ai potenziali lavoratori in prepensionamento, con l’obiettivo di dissuaderli a lasciare l’impiego.

Bonus stipendio: come funziona l’incremento salariale per chi posticipa la pensione

Il bonus stipendio è un benefit che permette di incrementare la retribuzione di una percentuale pari al 9,19% dello stipendio lordo.

Una soluzione già proposta quest’anno ai lavoratori che avrebbero potuto accedere alla pensione con Quota 103. Presentando domanda all’Inps per la rinuncia al contributo pensionistico, si attivava il credito mensile (13 mensilità) da integrare alla busta paga.

Alcuni esempi pratici: con un reddito lordo annuo di 50.000 euro, si percepirebbe un aumento (spalmato su 13 mensilità) pari a 353 euro; scendendo a 30.000 euro, invece, l’incremento in busta paga arriva a 212 euro al mese. Tuttavia, per redditi inferiori, che beneficiano del taglio del cuneo fiscale, si riducono notevolmente gli incrementi previsti dal bonus stipendio.

Gli effetti del cuneo fiscale sul bonus stipendio

Con uno stipendio di 18.000 euro dovrebbe essere prevista una maggiorazione di 127 euro, ma per redditi sotto ai 25 mila euro, il taglio di 7 punti del cuneo fiscale, restringe al 2,19% l’aumento.

Va poco meglio per i redditi fino a 35.000 euro, che invece arrivano al 3,19% dopo il taglio di 6 punti.

Insomma, fino a 35.000 andare in pensione dopo comporta un incremento di poche decine di euro sulla busta paga, rendendo di fatto conveniente il posticipo solo a chi percepisce salari già consistenti, non beneficiando del cuneo fiscale.

Il bonus Maroni non è poi mai applicabile nei casi in cui la quota di contribuzione a carico del lavoratore sia già completamente abbattuta.

In ultima analisi, nel processo decisionale vanno fatte due di considerazioni:

  • l’imposizione fiscale: i contributi non sono tassati, mentre i salari sì. Quindi un incremento retributivo potrebbe provocare un aumento del prelievo Irpef;
  • Negli anni supplementari di lavoro, i contributi sono trasformati in salario e non versati, con conseguente riduzione sulla pensione futura.

Riassumendo

  • Il bonus Maroni si applica a tutte le retribuzione lorde dei lavoratori che decidono di posticipare la pensione.
  • Il contributo è pari al 9,19% della retribuzione lorda ed è distribuito su 13 mensilità.
  • I redditi che già usufruiscono del taglio del cuneo fiscale subiscono una riduzione del bonus rispettivamente di 7 punti percentuali fino a 25 mila euro annui e di 6 punti percentuali fino a 35.000 euro annui.