Rinunciare alla pensione con Quota 103 sfruttando il c.d. bonus Maroni, permette di avere una busta paga più alta ma una pensione futura più bassa.

È la sintesi del risultato che il lavoratore avrà laddove dovesse decidere l’uscita anticipata flessibile dal mondo del lavoro grazie ai requisiti che matura entro il 31 dicembre 2023. E l’INPS, con un nuovo messaggio, mette ancora una volta nero su bianco gli effetti della scelta di rinunciarvi.

Da Quota 100 a Quota 103 con bonus Maroni

Il legislatore, dopo Quota 100 e Quota 102, come noto, ha previsto Quota 103.

La Quota 100 ha permesso (ovvero permette) di andare in pensione a chi entro il 31 dicembre 2021 ha maturato 62 anni di età e 38 anni di contributi. Con la sua fine, è sopraggiunta Quota 102 che ha avuto vita per un solo anno. Qui, si consente il pensionamento anticipato per chi, entro il 31 dicembre 2022, ha maturato 64 anni di età e 38 anni di anzianità contributiva.

Infine, è arrivata Quota 103, ossia la chance di pensione anticipata per coloro che al 31 dicembre 2023 maturano 62 anni di età e 41 anni di contributi.

A differenza delle altre due edizioni di Quota, quella 103 è caratterizzata da un premio per chi vi rinuncia. In sostanza chi, nonostante può uscire con Quota 103, decide di rimanere a lavorare, avrà lo sgravio contributivo per la quota di contributi previdenziali a proprio carico (9,19%). È il bonus Maroni. Questo significa che sullo stipendio mensile il datore di lavoro dovrà versare solo la quota di contributi a suo carico mentre non dovrà trattenere e versare quella a carico del lavoratore. Quindi, meno trattenute previdenziali sullo stipendio equivale a busta paga più alta.

Attenzione, al lato negativo della cosa. Il lavoratore si ritroverà meno contributi ai fini pensionistici, visto che non è versata all’INPS la quota di contributi a suo carico.

Gli effetti in busta paga spiegati dall’INPS

Questi aspetti sono stati ribaditi dall’INPS nel Messaggio n.

4558 del 19 dicembre 2023. Qui l’istituto dice che, laddove, il lavoratore decida di sfruttare il bonus Maroni, gli effetti sono due:

  • il datore di lavoro è sollevato dall’obbligo di versamento contributivo della quota IVS a carico del lavoratore che ha esercitato la facoltà in parola. Resta fermo, invece, l’obbligo di versamento contributivo della quota IVS a carico del datore di lavoro. La posizione assicurativa del lavoratore dipendente, pertanto, continua a essere alimentata in relazione alla quota IVS a carico del datore di lavoro;
  • gli importi corrispondenti alla quota di contribuzione IVS a carico del lavoratore – che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la facoltà di rinuncia in esame – sono erogati direttamente al lavoratore dipendente con la retribuzione. Le somme così corrisposte sono imponibili ai fini fiscali ma non ai fini contributivi.

Bonus Maroni è facoltà non obbligo

La scelta del bonus Maroni non è un obbligo per il lavoratore ma una facoltà. Questi, dunque, laddove dovesse maturare i requisiti per Quota 103, avrà tre strade percorribili:

  • andare in pensione anticipata
  • continuare a lavorare optando per il bonus Maroni
  • continuare a lavorare senza optare per il bonus Maroni.

Le istruzioni per la richiesta del bonus Maroni sono state diramate dall’INPS nel Messaggio n. 2426 del 28 giugno 2023.

Riassumendo…

  • quota 103 consente di andare in pensione anticipata a chi, entro il 31 dicembre 2023, matura 62 anni di età e 41 anni di contributi
  • chi, nonostante i requisiti per Quota 103, decide di continuare a lavorare può optare per il bonus Maroni
  • si tratta dello sgravio contributo riferito alla quota di contributi a carico del lavoratore
  • optare per il bonus Maroni significa busta paga più alta ma anche pensione futura più bassa
  • i chiarimenti sul bonus Maroni sono contenuti nella Circolare INPS n. 82/2023.