Il Bonus ristrutturazione è stato confermato anche per l’anno in corso ma, considerando le variabili che possono intervenire in un contesto domestico, alcuni punti restano ancora in chiaroscuro.

Ad esempio, a seguito di interventi finanziati con la prospettiva di un vantaggio fiscale, potrebbe porsi la questione della divisione dell’unità immobiliare. In sostanza, a fronte di un intervento già eseguito, l’immobile che ne ha beneficiato potrebbe essere trasformato in due distinte unità usufruendo della medesima agevolazione? La questione si pone innanzitutto da un punto di vista legislativo.

La normativa in merito, infatti, prevede che il tetto di spesa venga in ogni caso calcolato sulla situazione dell’immobile al momento dell’inizio dei lavori. E tale carico di spese sarà quello che andrà a far fede in dichiarazione dei redditi. Questo significa che, in caso di passaggio a due distinte unità abitative al termine dei lavori, per l’immobile varrà il medesimo tetto di spesa previsto su un’unità singola, ossia 96 mila euro.

L’unica condizione a  dover essere tenuta in considerazione, quindi, è quella legata alla situazione catastale al via dei lavori di ristrutturazione. Nondimeno, varrà la condizione prevista dal Bonus ristrutturazione stesso, ossia la detrazione di un importo pari alla metà delle spese sostenute. Lo sconto Irpef sarà quindi del 50% del totale dei costi, con un rientro nei successivi dieci anni di dichiarazioni reddituali. Eventuali variazioni catastali successive agli interventi non saranno quindi prese in considerazione, almeno non in maniera influente sull’agevolazione fiscale legata al Bonus ristrutturazione.

Bonus ristrutturazione e divisione immobiliare: perché il tetto di spesa resta lo stesso

La normativa vigente non ammette deroghe dal punto di vista catastale. La determinazione del limite di spesa sarà derivante da quanto censito in catasto all’inizio dei lavori edilizi. Gli eventuali interventi successivi faranno fede unicamente a lavori futuri, in quanto il tetto di detrazione deve essere stabilito prima dell’avvio del cantiere.

Il limite di spesa non raddoppierebbe nemmeno a opera in corso. La stessa Agenzia delle Entrate era intervenuta sulla questione, rilasciando la circolare numero 121 dell’11 maggio 1998, ossia ben prima che la questione bonus fosse amplificata dall’emergenza Covid.

Nello specifico, la circolare fa riferimento al recupero del patrimonio edilizio e al ripristino delle unità immobiliari rese inagibili dagli eventi sismici, indicando chiaramente che la detrazione è valida sugli importi calcolati all’inizio dei lavori e sulla situazione catastale presente in quel momento.

In mancanza di indicazioni differenti, il limite è di fatto rimasto invariato anche negli anni successivi. A fronte di un tetto massimo di spesa detraibile pari a 96 mila euro, la rata complessiva da portare in detrazione annualmente sarebbe di 4.800 euro, sempre che il contribuente abbia capacità fiscale tale da riuscire a sostenere lo sconto Irpef rispetto alla quota di versamento. Stesso discorso nel caso in cui l’unità immobiliare non sia destinata a uso abitativo. Una successiva suddivisione immobiliare non garantirà un raddoppio del contributo detraibile, che resterà al 50% per l’ultimo anno, su tetto massimo di 96 mila euro.

Riassumendo…

  • Il Bonus ristrutturazione è calcolato sullo stato immobiliare dell’unità abitativa al momento dell’inizio dei lavori;
  • eventuali interventi di divisione immobiliare non faranno fede per la detrazione in dichiarazione dei redditi.