C’è chi lo chiama Bonus Maroni solo perché è una misura che somiglia a una vecchia agevolazione di uno dei governi Berlusconi, quando Roberto Maroni era Ministro del Lavoro. Si tratta del Bonus contributivo che il governo ha deciso di confermare insieme alla pensione con la quota 103. Le due misure infatti sono nate insieme nel 2023 e continuano insieme la loro corsa.

La quota 103 è una misura di pensionamento anticipato che serve a chi raggiunge una determinata età e una determinata carriera contributiva.

Il bonus di cui parliamo oggi invece è una misura che serve a spingere i lavoratori a non scegliere la quota 103. Può sembrare un paradosso, ma effettivamente è così.

Perché il governo da un lato vara una misura di pensionamento anticipato. Dall’altro però, cerca di non farla prendere ai lavoratori spingendoli a restare in servizio. Ma è davvero così? cioè il bonus è davvero tanto allettante da spingere le persone a restare a lavorare?

“Buonasera, come ho letto da tempo, c’è un bonus contributivo che aumenta il mio stipendio se decido di restare al lavoro e non sfrutto la quota 103? Io, in effetti, completo i 41 anni di contributi tra pochi mesi e avendo già compiuto 62 anni a gennaio, credo di farcela ad andare in pensione. A meno che il bonus sullo stipendio non sia allettante. Ma non credo, perché secondo me ci guadagno poco, giusto?”

Bonus sullo stipendio per la pensione quota 103, il vantaggio si riduce a 22 mesi e pochi euro

Il bonus contributivo che accompagna dal 2023 la quota 103 non è altro che uno sgravio dei contributi a carico dei lavoratori che, anziché essere versato mese dopo mese all’INPS, resta in busta paga generando un incremento di stipendio. La quota di contribuzione di cui si parla è quella a carico del lavoratore, pari al 9,19%. Ma per i lavoratori che rientrano nella seconda fascia retributiva, si può recuperare anche l’1% di aliquota aggiuntiva.

La prima fascia di retribuzione pensionabile nel 2023 è stata pari a 52.190 euro e quindi chi rientra nella seconda fascia ha retribuzioni superiori a tale soglia. Pertanto gli interessati recupereranno l’aliquota aggiuntiva dell’1% sulla parte di retribuzione eccedente il predetto limite. Parliamo di retribuzioni lorde pensionabili superiori a 4.349 euro al mese. Va ricordato che per i lavoratori che optano per il sistema contributivo, il massimale annuo pensionabile è pari, sempre per il 2023 a 113.520 euro.

In definitiva, il bonus stipendio che un lavoratore può arrivare a prendere rimandando la pensione e rinunciando, nonostante il diritto maturato, a quota 103, è il 10,19% in più al mese.

Quanto dura il bonus contributivo sullo stipendio?

In linea di massima, chi anziché richiedere la pensione resta a lavorare e chiede il bonus (la domanda va fatta sempre all’INPS ed in via telematica), potrà prenderlo per il resto della vita lavorativa. Ma naturalmente non arriverà a 67 anni di età con uno stipendio maggiorato. Infatti lavorando altri 22 mesi, partendo dalla base dei 41 anni di contributi già maturati per la quota 103, il diretto interessato arriverà alla sua pensione anticipata ordinaria.

Quindi, si tratta di percepire un incremento di stipendio, fino al raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi utili a un uomo per la pensione anticipata ordinaria. Se il richiedente è donna invece, la soglia sarebbe 41 anni e 10 mesi. I conti da fare circa la convenienza a rimandare la pensione sono soggettivi e variano da caso a caso e da lavoratore a lavoratore.

Il taglio del cuneo contributivo va considerato per verificare il costo-beneficio del bonus

Per verificare la bontà del bonus e il rimandare la quota 103 però c’è da osservare altro. Infatti va detto che i lavoratori dipendenti entro determinate soglie reddituali godono già di uno sgravio contributivo dovuto al taglio del cuneo fiscale.

Significa che effettivamente molti non godrebbero di un incremento dello stipendio mensile del 9,19% o del 10,19%. Perché non sono queste le aliquote che finiscono con il pagare di contribuzione a loro carico.

Grazie allo sgravo e al taglio del cuneo contributivo infatti le aliquote sono più basse e di molto. Il taglio della quota della contribuzione a carico del lavoratore ha portato la vera aliquota applicata a essere pari al 6,19 % per redditi fino al limite di 1.923  euro mensili. E al 7,19 % per redditi fino alla soglia di 2.692 euro al mese.

C’è anche il calcolo contributivo della prestazione

Evidente che se l’obiettivo del bonus contributivo è spingere più lavoratori possibile a restare al lavoro e non andare in pensione. Ciò potrebbe non essere raggiunto da parte dei legislatori. Molto meglio da questo punto di vista la novità introdotta per quota 103 nel 2024. Parliamo del calcolo contributivo della prestazione che taglia di molto gli assegni e che sicuramente è un deterrente più forte per i lavoratori. Infatti da gennaio chi esce dal lavoro con la quota 103 riceve una pensione calcolata solo con il sistema contributivo.

Chi ha maturato carriere pari o superiori a 18 anni di versamenti al 31 dicembre del 1995, rischia forte. Perché potrebbe subire un taglio di pensione di oltre il 30%. Questo vuol dire che quando un lavoratore deve considerare il vantaggio del bonus contributivo, oltre a calcolare ciò che prenderà in più di stipendio, deve guardare al futuro.

Più stipendio oggi e più pensione domani per i nati nel 1962

Come funziona davvero il bonus contributivo per chi rimanda la quota 103 e cosa si prende di stipendio in più oggi e di pensione in più domani con il bonus, è ciò che un lavoratore dovrebbe calcolare. Perché a conti fatti chi è nato nel 1962 e raggiungendo 62 anni di età e 41 anni di contributi oggi, se rinuncia alla quota 103, guadagnerebbe due volte.

Calcolando il fatto che rimandando l’uscita e continuando a maturare contributi, arriverà a prendere una pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi, molto più alta di quella che prenderebbe accettando l’anticipo di quota 103.

Per 22 mesi agli uomini e 12 mesi alle donne, come anticipo, forse il gioco non vale la candela.