Capita spesso che alcuni lavoratori si trovino a perdere, se non proprio la possibilità di andare in pensione in anticipo, quanto meno il diritto a prendere la pensione per tempo. Invece di percepire la pensione che spetterebbe come decorrenza, l’assegno slitta di diversi mesi. A volte può dipendere da errori formali commessi dallo stesso pensionato in sede di presentazione della domanda di pensione. Errori che possono essere più o meno gravi, ma che per determinate misure sono assolutamente da evitare per non perdere mesi di pensione.

“Gentile redazione, vorrei una mano da parte vostra per non commettere lo stesso errore che ha commesso mio fratello due anni fa quando ha perso, se non sbaglio, tre mesi di pensione. Il mio lavoro è quello di guardia particolare giurata. Ed è lo stesso lavoro che ha svolto per anni mio fratello. Come lui anche io rientro nella pensione per i lavoratori notturni dal momento che il nostro lavoro si svolge per quasi tutto l’anno di notte. Nel 2024 potrò andare in pensione perché avendo 63 anni di età completerò anche i 35 anni di contributi versati necessari, se non sbaglio, per la pensione agli usuranti. Mio fratello ha presentato in ritardo la domanda e ha perso mesi di assegno. Potete spiegarmi un po’ come funziona la pensione per i lavoratori notturni e cosa dovrei fare io in vista nel mio probabile pensionamento del 2024?”

La domanda di certificazione del diritto alla pensione e quando è necessaria

Effettivamente ciò che è successo al fratello del nostro lettore non è una rarità nel sistema previdenziale italiano, soprattutto per misure particolari come lo è lo scivolo usuranti. Uno scivolo dove rientrano anche i lavoratori notturni. Si tratta infatti di una misura in deroga ai requisiti ordinari e che come tale necessita di alcuni adempimenti preventivi rispetto alla domanda di pensione vera e propria.

Il principale adempimento è la domanda di certificazione del diritto alla pensione. Il lavoratore in pratica deve chiedere all’INPS il certificato del diritto al conseguimento della pensione. In piratica si tratta del certificato che oltre a confermare il diritto alla pensione, informa il diretto interessato circa la sussistenza di questo diritto. Il certificato va chiesto all’INPS e non è da confondere con l’ECOCERT che è l’estratto conto certificativo. Un documento quest’ultimo importante alla stregua della certificazione del diritto, ma che non sono la stessa cosa.

L’ECOCERT è diverso dall’estratto conto ordinario dei contributi INPS

Sempre riguardo al nostro lettore, prima di affrontare il caso della richiesta di certificazione del diritto, anche l’ECOCERT andrebbe richiesto. Anche se non strettamente necessario, l’ECOCERT può servire per congelare il diritto alla prestazione. L’ECOCERT è l’estratto conto certificativo, nel senso che una volta rilasciato dall’INPS, dentro sono riportati esattamente, e oltre ogni dubbio, i contributi versati a nome del diretto interessato. Questo è il documento contabile dei contributi versati da un lavoratore durante la sua carriera lavorativa. E anche in questo caso l’INPS col documento certifica il montante contributivo di un lavoratore alla data della richiesta. L’estratto conto ordinario spesso non basta per poter confermare il diritto alla pensione. Una cosa questa che è anche l’orientamento della giurisprudenza, visto che spesso anche la Cassazione ha sancito questa differenza tra i due estratti conto.

Bastano 35 anni di contributi e meno di 62 anni per la pensione, ecco quando

Tornando al caso del nostro lettore, la pensione di cui avrà diritto si chiama pensione anticipata in regime usuranti. Una misura che consente di lasciare il lavoro una volta raggiunti i 61 anni e 7 mesi di età ed i 35 anni di contributi versati. Serve però un requisito aggiuntivo che è quello della quota 97,6.

61,7 anni di età e 35 anni di contributi sono le due soglie minime. Rispettivamente anagrafica e contributiva. Serve anche raggiungere quella quota data dalla somma di età e contribuzione e dove sono valide anche le frazioni di anno. Inoltre l’attività usurante deve essere svolta per la metà della carriera o in 7 degli ultimi 10 anni di carriera.

Il lavoro notturno e la pensione anticipata

Anche il lavoro notturno è un lavoro usurante e come tale rientra nella pensione anticipata con il relativo scivolo prima citato. Per i lavoratori notturni, come lo è il nostro lettore, va approfondito il calcolo. O il conteggio delle notti lavorate per ogni anno. E parliamo di anno lavorativo e non di anno solare. Se per esempio l’assunzione è partita a luglio di un anno, il calcolo delle notti lavorate va dall’assunzione al luglio dell’anno successivo. Per ogni anno di lavoro, per poter uscire esattamente con la quota 97,6 servono almeno 78 notti lavorate per anno. E parliamo di lavoro svolto nelle ore che vanno dalle 24:00 alle 05:00.

Infatti se il lavoro notturno riguarda un periodo per anno compreso tra 72 e 77 notti, la quota sale a 98,6. E si arriva a quota 99,6 per chi ha svolto tra le 64 e le 71 notti di lavoro per anno. Appare evidente che chi non rispetta questi parametri in almeno 7 degli ultimi 10 anni di carriera, o per la metà della vita lavorativa, non può essere considerato un lavoratore notturno e non può avere diritto alla pensione.

Entro il mese di maggio dell’anno precedente va prodotta la domanda di certificazione

Tornando al quesito del nostro lettore, per non perdere il diritto alla prestazione a partire dalla data di decorrenza spettante, serve presentare la domanda di certificazione del diritto alla pensione. E va fatta l’anno precedente quello di pensionamento.

Per il nostro lettore che matura il diritto alla pensione nel 2024, la domanda di certificazione del diritto va inoltrata all’INPS entro il 1° maggio del 2023. Solo così avrà diritto alla pensione a partire dalla data di maturazione dei requisiti, o meglio, dal primo giorno del mese successivo a questa maturazione.

Se la domanda è presentata in ritardo, la decorrenza della prestazione slitta. E non parliamo della domanda di pensione vera e propria che il lavoratore dovrà presentare a ridosso della maturazione dei requisiti (il nostro lettore nel 2024).

Cosa si perde di pensione a presentare domanda di certificazione in ritardo

Nello specifico se il lavoratore inoltra la domanda di certificazione entro il 1° giugno, e quindi con un ritardo pari a un mese, la decorrenza della sua pensione slitta di un mese. Per un ritardo fino a 3 mesi, e cioè fino ad agosto 2023, si perdono due mesi di pensione. Per ritardi maggiori invece, si passa a 3 mesi di decorrenza posticipata. La misura non è a risorse illimitate. Ogni anno lo scivolo è finanziato con determinate dotazioni economiche. Per le domande tardive si corre il rischio di restare senza pensione per esaurimento risorse. In questo modo la decorrenza slitterebbe ancora all’anno successivo. Senza considerare che per domande in ritardo occorre aspettare che si riunisca a fine anno la commissione INPS che conteggia le risorse rimaste utilizzabili per la misura.