L’incentivo economico previsto per chi rinuncia ad andare in pensione con Quota 103 è realtà. Chi raggiunge i 62 anni di età e ha un’anzianità contributiva di almeno 41 anni non matura solo il diritto alla pensione anticipata. Ma anche quello a restare al lavoro con maggiorazione di stipendio a patto che non presenti domanda di pensione.

Per fruire di questa opportunità è necessario presentare apposita domanda all’Inps, attraverso il portale telematico. Lo rende noto lo stesso Istituto col messaggio n. 2426 del 28 giugno 2023 recependo le disposizioni contenute nella legge di bilancio 2023.

Il datore di lavoro si atterrà alle indicazioni ricevute dal lavoratore e riconoscerà da quel momento una maggiorazione in busta paga.

Come funziona l’incentivo economico (ex bonus Maroni)

Ma come funziona esattamente l’incentivo? Il bonus Maroni, che prende il nome dall’ex ministro Roberto Maroni che lo aveva introdotto in passato, è riconosciuto ai lavoratori dipendenti pubblici e privati che maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103 entro la fine di quest’anno.

Più nel dettaglio, il datore di lavoro, a seguito di richiesta del lavoratore, riceve dall’Inps il nulla osta a corrispondere direttamente sullo stipendio la quota di contributi ai fini pensionistici destinati al fondo lavoratori dipendenti. Ne consegue uno sgravio contributivo della parte obbligatoria del lavoratore e che corrisponde al 9,19% dell’imponibile previdenziale. Nulla cambia, invece, per la quota che il datore di lavoro deve versare all’Inps per la pensione (23,81%).

Sicché, dal momento in cui il lavoratore rinuncia a Quota 103 e fa domanda per ottenere il bonus, lo stesso riceverà una maggiorazione sulla busta paga, a parità di stipendio. Il diritto scade al raggiungimento dei requisiti ordinari per la pensione di vecchiaia o anticipata.

Ne consegue, però, che la pensione futura sarà un po’ meno consistente rispetto a quanto il lavoratore prenderebbe se andasse in pensione a 67 anni di età senza fruire del bonus Maroni.

Ma anche una maggiore tassazione Irpef sul reddito da lavoro, visto che l’imponibile aumenterà di oltre il 23%.

Il ricorso al part time con Quota 103

In questo contesto molti lavoratori che maturano il diritto ad andare in pensione con Quota 103 stanno valutando tutte le opzioni migliori per sfruttare al meglio le varie opportunità. Per chi compie 62 anni e raggiunge il requisito contributivo dei 41 anni di contributi, le soluzioni da valutare sono diverse.

  • Andare in pensione con Quota 103 col divieto di cumulare la rendita con altri reddito da lavoro;
  • Restare al lavoro senza sfruttare il bonus Maroni e attendere 67 anni di età;
  • Sfruttare l’incentivo economico offerto dallo Stato e guadagnare di più.

In questo ultimo caso, la soluzione ideale sembra sia, non tanto quella di guadagnare di più restando al lavoro, ma di lavorare di meno a parità di stipendio. Cioè ricorrendo al part time. O meglio chiedendo una riduzione dell’orario di lavoro corrispondente alla misura dell’incentivo economico.

Con una riduzione da 40 a 30 ore settimanali di lavoro, si può quindi ottenere, più o meno, lo stesso livello di stipendio del tempo pieno. Anche l’imponibile ai fini fiscali sarebbe minore e quindi, a conti fatti, il lavoratore non guadagnerebbe nulla in termini economici, ma in salute. Tenuto conto che, in ogni caso, la pensione non aumenterà più come prima, per via della minore contribuzione. Ammanco che sarebbe, però, compensato da un calcolo dell’assegno più favorevole in età più avanzata rispetto ai 62 anni previsti da Quota 100.

Riassumendo…

  • Per ottenere il bonus sullo stipendio con la rinuncia di Quota 103 bisogna fare domanda all’Inps.
  • Hanno diritto al bonus Maroni solo i lavoratori dipendenti pubblici e privati.
  • Lo stipendio aumenta di circa il 23,8% se si resta al lavoro.
  • Aumentano, però, anche le tasse e la pensione cresce di meno.