Si avvicina la manovra finanziaria per il 2024 e con essa non mancheranno di sicuro le sorprese in fatto di pensioni. Come sempre accade ogni anno. Dal governo non vi sono indicazioni di riforme da attuare, quindi tutto è lasciato alla discussione parlamentare, nei limiti dei rispettivi saldi di spesa preventivati.

Il rischio peggiore, oltre che non siano rinnovate le deroghe in scadenza, come Opzione Donna, Ape Sociale o Quota 103, è che si introducano nuovi tagli alla perequazione automatica. Vale a dire sulla rivalutazione 2024 delle pensioni in pagamento (oltre 16 milioni di assegni) in base ai dati sull’inflazione italiana registrata quest’anno.

Aumenti pensioni a rischio nel 2024

Già lo scorso anno la legge di bilancio aveva introdotto specifiche modifiche all’adeguamento delle pensioni in base all’inflazione per il biennio 2023-2024 andando a ridimensionare gli aumenti per i trattamenti che superano i 2.100 euro lordi al mese. Una misura che alimentato forti polemiche e che vede sindacati e associazioni impegnati a sollevare la questione dinnanzi alla Corte Costituzionale.

I dirigenti, in particolare, cioè coloro che sono più profondamente toccati dai tagli, tramite il Cida, si sono affidati allo studio legale Bonelli Erede per avviare le procedure giudiziarie necessarie affinché il Giudice avvii la questione di legittimità innanzi alla suprema Corte.

L’obiettivo è quello di ottenere giustizia contro il mancato adeguamento delle pensioni all’inflazione. Come noto, l’incremento stabilito dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti è dell’ 8,1% (7,3% in acconto e 0,8% a saldo) per il 2023.

Una petizione contro i tagli

Ma contro i tagli alle rivalutazioni si stanno muovendo anche altri pensionati direttamente coinvolti. Come il Forum dei Pensionati, l’Associazione Nazionale Magistrati in pensione e il Sinpref, l’associazione dei funzionari prefettizi. Per tutti la richiesta al governo è univoca: ripristinare il senso di giustizia con interventi che non ledano i diritti acquisti.

La norma attuate, così come concepita, è anticostituzionale, perché discrimina i pensionati e lede un diritto sancito dalla nostra Costituzione. Tutte le pensioni, per le quali sono stati versati i contributi in proporzione al reddito, devono essere adeguate allo stesso modo altrimenti vi è discriminazione.

E già la Corte Costituzionale ha avuto modo di avvertire il legislatore sui blocchi o il ridimensionamento della rivalutazione automatica. Dicendo che la delicata situazione finanziaria del nostro Paese non può giustificare interventi così incisivi in assenza di qualsivoglia documentazione tecnica circa le attese maggiori entrate.

La sei fasce di perequazione automatica

Ma a muoversi contro i tagli sono anche i singoli pensionati che hanno già inviato molte lettere di diffida all’Inps per protestare contro la riduzione degli aumenti. Segno questo che le proteste sono intense e potrebbero sfociare anche in manifestazioni di piazza.

Ricordiamo che da gennaio 0223 gli aumenti delle pensioni in base all’inflazione sono stati così regolamentati:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 85% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 53% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 47% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 37% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 32% oltre le 10 volte il trattamento minimo

Lo Stato, con questa manovra, risparmia circa 40 miliardi considerando l’effetto trascinamento degli aumenti negli anni a venire su una base di calcolo ridotta. Tanto più grave quanto maggiore è l’importo della pensione in pagamento.

Riassumendo…

  • Aumentano le proteste contro i tagli alle rivalutazioni delle pensioni.
  • La Corte Costituzionale avverte che ulteriori manovre di riduzione degli adeguamenti sarebbero ingiustificati.
  • Le proteste montano, non solo fra i dirigenti, ma anche fra tutti gli altri i pensionati con ripetute diffide all’Inps.