Una delle domande che spesso si pongono i lavoratori è come fare chiedere gli arretrati degli assegni familiari (ANF). Ma soprattutto, il timore è quello di perdere il diritto o di non fare in tempo.

Ebbene sgombriamo subito il campo a ogni dubbio dicendo che gli assegni familiari devono essere richiesti dall’avente diritto e che non è una prestazione automatica dell’Inps. In secondo luogo è possibile recuperare gli arretrati andando indietro fino a cinque anni.

Come richiedere gli assegni familiari

Dal 2019, gli assegni familiari si richiedono direttamente all’Inps mediante procedura online.

Il lavoratore dipendente privato o avente diritto deve accedere alla sezione dedicata “assegni per il nucleo familiare” e da lì proseguire compilando tutti i campi. Diversamente può farsi assistere gratuitamente dagli operatori del Contact Center o dai patronati.

La richiesta degli assegni familiari (ANF) va quindi presentata tramite modello online SR16 ANF/DIP. In esso bisogna indicare tutti i dati richiesti e il reddito percepito a cui fare riferimento per l’erogazione dell’importo. Una volta inviato, il modello arriva al datore di lavoro che provvede al pagamento in busta paga.

Gli arretrati

Se non si presenta per tempo il modulo per la richiesta di assegni familiari,  non vi è da preoccuparsi. La domanda può essere presentata in qualsiasi momento, anche con data retroattiva. Il diritto a percepire gli assegni familiari si prescrive infatti in cinque anni.

Più precisamente, la richiesta di arretrati ANF può essere accolta per i periodi compresi nei cinque anni precedenti la data in cui viene presentata la domanda. Nel modello SR16 ANF/DIP bisognerà solo prestare attenzione a indicare il periodo di riferimento che occorre recuperare, anche per tale periodo il lavoratore dipendente è rimasto senza datore di lavoro.

Gli arretrati possono essere richiesti direttamente all’Inps nel caso di prestazioni o di determinati lavori con pagamento diretto.

Si tratta dei beneficiari in

  1. disoccupazione Naspi;
  2. mobilità;
  3. cassa integrazione
  4. con rapporto di lavoro parasubordinato;
  5. in pensione;
  6. colf e badanti.

Se non c’è il datore di lavoro

Qualora il lavoratore dipendente sia stato licenziato, non si perde il diritto agli assegni familiari. Come detto, dal 2019 la domanda deve essere presentata direttamente all’Inps e, in assenza appunto di datore di lavoro, l’Istituto provvede a pagare direttamente gli ANF al beneficiario. E’ anche il caso di alcuni particolari lavoratori che non hanno busta paga, come:

  • i dipendenti agricoli a tempo determinato;
  • le colf, badanti e baby sitter;
  • i lavoratori parasubordinati;
  • i pensionati aventi diritto;
  • i disoccupati;
  • i cassintegrati (con pagamento diretto Inps);
  • i lavoratori di ditte cessate o fallite.

I dipendenti in agricoltura

Caso particolare è quello dei lavoratori agricoli. Infatti in questo caso bisogna fare una distinzione tra operai e impiegati, a seconda dei casi infatti la domanda deve essere presentata:

  • dagli operai agricoli a tempo determinato e figure equiparate alla Sede INPS con il modello PREST. AGR. 21TP (SR 25);
  • dagli impiegati e dagli operai agricoli a tempo indeterminato (dal 2007) direttamente al datore di lavoro con modulo ANF/DIP SR16 cartaceo.

Il pagamento degli assegni familiari

Il pagamento degli assegni familiari avviene tramite conguaglio in busta paga da parte del lavoratore con cadenza mensile. Questo è previsto anche per i pensionati, i cassintegrati e disoccupati percettori di Naspi. Per colf, badanti e lavoratori parasubordinati, invece, l’Inps pagherà con due rate semestrali posticipate.

In caso di richiesta di assegni familiari arretrati, può capitare che ci si attenda cifre molto elevate. Fino al 31 marzo 2019 il datore di lavoro poteva pagare fino a 3.000 euro a conguaglio, ma dal 1 aprile, cioè da quando la domanda è presentata direttamente all’Inps il limite dei 3.000 euro è venuto meno.

Come ha specificato l’Inps ora è possibile richiedere ANF anche per importi che cumulativamente negli anni superano la soglia dei 3.000 euro.

I controlli sono infatti svolti dallo stesso Istituto prima di dare il via libera ai pagamenti.