Il fatto che l’Ape sociale sia una misura che va in scadenza a fine anno, a prescindere dalle varie ipotesi che parlano di una sua ipotetica proroga dal 2024, contribuisce ad alimentare stati di paura e ansia in molti lavoratori. Infatti c’è chi, come un nostro lettore, teme che la cessazione della misura finisca con fargli perdere il diritto a un pensionamento anticipato che nel 2024 potrebbe non esserci più. Ecco perché in vista dell’imminente scadenza della misura, e in attesa di una proroga che al momento è solo un’ipotesi, bisogna produrre gli opportuni chiarimenti.

“Buonasera, volevo sapere se avendo da poco completato i 36 anni di contributi versati e i 63 anni di età, e svolgendo un lavoro gravoso come prevede la normativa vigente sull’Ape sociale, sono costretto a sfruttare la misura entro fine anno e non posso rimandarla all’anno prossimo. Inoltre volevo capire se andando in pensione adesso con l’Ape sociale, nel caso in cui cambi idea in futuro, posso rinunciarvi. La domanda ve la pongo perché so che l’Ape sociale è particolarmente limitata come misura non prevedendo tredicesima, maggiorazioni e altre cifre aggiuntive.”

Ape sociale, si può rimandare l’uscita o si può rinunciare dopo averla presa?

Sintetizzando il quesito del lettore, possiamo dire che lui ci chiede se per l’Ape sociale si può rimandare l’uscita o si può rinunciare dopo averla presa la prima volta. Innanzi tutto va detto che l’Ape sociale è una misura di accompagnamento alla pensione e non propriamente una pensione. Somiglia più a un ammortizzatore sociale che a una prestazione pensionistica a tutto tondo. Oltretutto, la misura ha una spiccata attitudine assistenziale, proprio perché somiglia a un ammortizzatore. Infatti anche la sua destinazione, limitata a invalidi, lavoratori con invalidi da assistere, disoccupati o alle prese coi lavori gravosi, lo dimostra.

Somiglia a una pensione perché l’INPS la paga mese per mese, seguendo il calendario delle normali pensioni. E poi perché prevede, oltre ad aver raggiunto la giusta età, anche l’aver raggiunto la giusta contribuzione. Nel dettaglio servono almeno 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi per invalidi, caregiver e disoccupati. Mentre ne occorrono 32 per edili e ceramisti e 36 per gli altri lavori gravosi.

Le limitazioni dell’Ape sociale

La misura viene pagata mese per mese dall’INPS, ma senza la tredicesima mensilità. Infatti l’Ape non prevede la mensilità aggiuntiva che tutte le pensioni in genere garantiscono ai beneficiari ogni dicembre. Inoltre, se la pensione è troppo bassa, l’Ape sociale non garantisce le maggiorazioni e le integrazioni al trattamento minimo. Inoltre una volta presa, l’importo della prestazione  non cambia fino ai 67 anni di età. Infatti l’Ape non prevede indicizzazione della pensione al tasso di inflazione annuale. Quindi, niente aumenti a gennaio come invece accade per le altre misure pensionistiche vigenti. Per di più, per i familiari del beneficiario, la misura non prevede assegni familiari e non si può sfruttare l’istituto della reversibilità se il titolare del trattamento muore prematuramente.

Ultima limitazione, ma non meno importante, è che l’Ape non può essere di importo superiore a 1.500 euro al mese. A prescindere dall’ammontare dei contributi versati e dalla pensione effettivamente spettante. Limiti questi che cessano insieme alla misura al compimento dei 67 anni di età. Infatti il titolare dell’Ape sociale al compimento dei suoi 67 anni deve presentare domanda di pensione di vecchiaia.

Ape sociale, la pensione non si può rimandare e non può essere fermata

Tutte limitazioni quelle prima citate che il nostro lettore evidentemente conosce bene. Ma la sua domanda relativa al fatto che se esce con l’Ape sociale, dopo può cambiare idea, non può avere risposta positiva.

Infatti una volta lasciato il lavoro ed entrato nell’Ape sociale, questa prestazione cessa solo ai già citati 67 anni. In pratica per tutta la durata dell’anticipo il diretto interessato deve subire queste evidenti penalizzazioni di assegno. Va anche detto che la misura è una delle poche che non cristallizza il diritto. In pratica, chi completa i requisiti nel 2023, non potrà rimandare l’uscita al 2024. A meno che non arrivi la tanto agognata proroga. In quel caso, restando valida anche nel 2024, la misura può essere ancora percepita.

Perché la pensione con l’Ape sociale non si cristallizza?

Nel sistema previdenziale italiano vige il meccanismo della cristallizzazione del diritto. Chi matura il diritto ad una pensione, non lo perde rimandano l’uscita a data da destinarsi. E non lo perde nemmeno se la misura che consente il pensionamento, non esiste più quando il pensionato decide di sfruttarla. Ma per l’Ape sociale il meccanismo non vale.

Il motivo è semplice. Ci sono dei requisiti aggiuntivi da detenere nel momento di presentazione della domanda, da confermare di volta in volta e che non possono essere maturati con troppo anticipo. Per esempio i 6 mesi di assistenza del parente stretto invalido, per chi è caregiver, se oggi sono maturati, nel 2024 potrebbero venire meno. Magari perché il diretto interessato oggi vive a casa con l’invalido (e lo fa da almeno 6 mesi), mentre dopo può cambiare residenza. Lo stesso per chi svolge un lavoro gravoso. Questo deve essere stato svolto da 6 degli ultimi 7 anni o da 7 degli ultimi 10 anni. Un requisito che nel 2024 potrebbe venire meno a chi magari ha cambiato lavoro e non centra più i limiti prima citati.