Rivoluzione in arrivo per le pensioni delle lavoratrici. Nonostante il governo abbia chiaramente detto che per il 2024 non ci sarà la tanto attesa riforma che tutti si attendevano, sono in corso manovre importanti che cambieranno ancora il sistema delle uscite anticipate. Per questione di soldi (che mancano), come sempre.

Come noto, lo scorso anno l’accesso a Opzione Donna è stato fortemente ridimensionato introducendo restrizioni sui requisiti di accesso. Anche l’età è aumentata a 60 anni con sconti per i chi ha figli.

Al punto che l’uscita anticipata è diventata oggi quasi un doppione di Ape Sociale visto che per andare in pensione bisogna essere caregiver, invalide, licenziate o dipendenti di aziende in crisi.

Opzione Donna al capolinea, arriva Ape Sociale

Tutto faceva, quindi, deporre – come abbiamo sempre scritto sin dall’inizio – che le intenzioni del governo fossero quelle di sopprimere Opzione Donna accorpando la misura delle pensioni anticipate contributive in Ape Sociale. E così sarà. Il premier Giorgia Meloni ha di recente annunciato in conferenza stampa che “Ape Sociale e Opzione Donna vengono superate e accorpate in un unico fondo per la flessibilità in uscita”.

Cosa significa esattamente? Ebbene, in parole molto semplici, Opzione Donna non sarà più rinnovata. Con la fine del 2023 finisce la propria corsa dopo dieci anni, da quando è stata istituita nel 2004. Al suo posto ci sarà solo Ape Sociale che non cambia nulla nella sostanza. Le donne disagiate o in difficoltà (caregiver, invalide, disoccupate, licenziate) potranno accedere al pensionamento anticipato, come sempre avvenuto finora, solo a partire da 63 anni di età con almeno 30 di contributi versati.

La flessibilità in uscita sulle pensioni anticipate

Non è ancora chiaro come sarà gestita la nuova formula per le pensioni anticipate delle lavoratrici. Sarà il Parlamento a lavorarci sopra da qui all’approvazione della legge di bilancio, ma una cosa appare chiara fin da subito: il requisito anagrafico salirà.

In un’ottica di tagli progressivi alle pensioni anticipate di qualsiasi tipo.

Da questo punto di vista, si ricorda che Ape Sociale non è una pensione. Costituisce infatti una indennità temporanea erogata fino alla maturazione dei requisiti per la pensione ordinaria. La misura è del tutto svincolata dal calcolo di spesa delle pensioni pagate dall’Inps rientrando più propriamente nella fattispecie dell’assistenza.

Oltretutto la misura dell’indennità riconosciuta solo a partire da 63 anni (e non più da 60 come per Opzione Donna) non è soggetta a rivalutazioni di nessun genere e non concorre ad alimentare il monte contributivo al momento della pensione vera e propria.

Gli sconti sulle pensioni per le donne in difficoltà

Gli sconti sul diritto alla pensione previsto attualmente per Opzione Donna per coloro che hanno figli (fino a due anni in meno sul requisito anagrafico) ci sono anche in Ape Sociale. Ma non riguardano l’età, bensì i contributi. Le lavoratrici con figli possono beneficiare di uno sconto fino a due anni sull’anzianità contributiva. Che parte da 30 anni per caregiver, invalide, licenziate o disoccupate e da 36 anni per le lavoratrici gravose.

Non è ancora chiaro se il passaggio da Opzione Donna ad Ape Sociale avverrà solo in conseguenza del mancato rinnovo della prima misura pensionistica a favore della seconda o se saranno introdotte misure intermedie. Si parla in questo senso e impropriamente di Opzione Donna riformata a 61 anni. Certo è che lo scalone anagrafico sarebbe di tre anni. Non poco per chi ha difficoltà a trovare lavoro o a restare al lavoro.

Riassumendo…

  • Opzione Donna non sarà più rinnovata nel 2024 come pensione anticipata contributiva.
  • Ape Sociale e Opzione Donna confluiscono in un unico fondo per la flessibilità in uscita.