Scegliere di andare in pensione oppure di rimandare il ritiro dal lavoro? È questo il dilemma spesso per chi ha maturato i requisiti per il pensionamento, oppure manca comunque poco tra l’età richiesta ed i contributi INPS versati.

Ed allora, tra andare in pensione o rimandare il ritiro dal lavoro cosa scegliere? E, soprattutto, chi lo decide? Dato che in Italia, maturati i requisiti per il pensionamento, le scelte spesso sono obbligate. E sono legate, in particolare, al lavoro svolto tra settore privato e pubblico impiego.

Vediamo allora perché nel dettaglio.

Andare in pensione o rimandare il ritiro dal lavoro. Ecco cosa scegliere e chi lo decide

In particolare, tra andare in pensione o rimandare il ritiro dal lavoro c’è subito da precisare una cosa. Ovverosia, quella per cui maturati i requisiti di pensionamento, questi saranno sempre mantenuti ed esercitabili da parte del lavoratore. Grazie alla cristallizzazione così come è riportato in questo articolo.

Detto questo, tra andare in pensione o rimandare il ritiro dal lavoro nel pubblico impiego, maturati i requisiti per il pensionamento, scatta l’obbligo di cessazione dal servizio. Per esempio, sopraggiunti i 67 anni di età ed avendo tutti i requisiti per l’accesso alla pensione INPS di vecchiaia. Solo in caso di assenza dei requisiti, infatti, il lavoratore del settore pubblico potrà chiedere, alla pubblica amministrazione di appartenenza, il trattenimento in servizio.

Come rimandare il ritiro dal lavoro nel settore privato

Tra andare in pensione o rimandare il ritiro dal lavoro, pure nel settore privato le scelte non sono sempre in capo al lavoratore. In quanto, raggiunti i requisiti di pensionamento per l’accesso alla prestazione INPS di vecchiaia ordinaria, il datore di lavoro può liberamente licenziare il dipendente per sopraggiunti limiti di età. Pur tuttavia, se nessuna delle due parti recede, allora il rapporto di lavoro può anche proseguire.