Con l’addio a quota 102 che permette oggi di uscire con 64 anni di età e 38 anni di contributi versati, sparirà uno dei canali di uscita anticipata rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria. Ad oggi questo è un dato di fatto dal momento che la cessazione di questa misura era già prevista a inizio 2022 quando la misura fu varata. A 64 anni di età nel 2023 potranno uscire soltanto quelli che non hanno contributi versati prima del 1996, altrimenti detti contributivi puri. Questo però in base alla situazione attuale del sistema e alle regole oggi vigenti.

Presto infatti sarà il tempo di preparare una nuova legge di Bilancio con un nuovo pacchetto previdenziale al suo interno. Tutto varato dal nuovo governo, qualunque esso sia dopo le elezioni del 25 settembre. Nuovo esecutivo che dovrà per forza di cose produrre qualche intervento a livello previdenziale. È la pensione a 64 anni di età è una delle nuove misure di cui si parla di più. 

“Buongiorno, mi chiamo Mario e sono un lavoratore di 63 anni di età con già 38 anni di contributi maturati. Mi sento clamorosamente sfortunato dal punto di vista pensionistico dal momento che lo scorso anno, non avendo ancora completato i 38 anni di contributi versati, non ho potuto lasciare il mio lavoro e godere della pensione con la quota 100 come hanno fatto tanti altri miei colleghi, evidentemente più fortunati di me. Quest’anno, avendo “solo” 63 anni di età, mi hanno escluso pure da quota 102, nonostante adesso ho 38 anni di contributi versati. Dal momento che la quota 102 nel 2023 non ci sarà più, o almeno questo ciò che ho capito, sento parlare continuamente di nuove misure a partire dai 64 anni di età. Misure con penalizzazioni e tagli da quanto ho capito. Potete spiegarmi come posso andare in pensione l’anno prossimo e che penalizzazioni devo subire se davvero posso scegliere di lasciare il lavoro subito?” 

I penalizzati di quota 100 e quota 102 

Quota 102 pensioni

Foto: Web

Quando si parla di persone penalizzate dalle misure per quotisti, cioè quota 100 e quota 102, più che parlare di penalizzazioni di importo, che in pratica non esistono, si deve parlare di penalizzazioni per gli esclusi dalle due misure.

Ed il nostro lettore è l’esempio tipico di chi ha subito sulla propria pelle gli effetti della nascita e della successiva cancellazione di queste due misure. Come il nostro lettore, tanti altri lavoratori non avevano i requisiti idonei per rientrare in quota 100 nel 2019, 2020 e 2021, cioè nel triennio di sperimentazione della misura.

Due penalizzazioni per molti

Non idonei perché non hanno fatto in tempo a completare 62 anni di età e 38 anni di contributi versati entro il 31 dicembre dell’anno scorso. Stessa sorte capiterà a chi non farà in tempo a raggiungere i requisiti della quota 102 entro il prossimo 31 dicembre. Il nostro lettore da questo punto di vista è proprio il più penalizzato di tutti perché per contribuzione non è rientrato nella quota 100, e per età non rientrerà nella quota 102 dal momento che questa si completa con 64 anni di età compiuti e 38 anni di contributi versati al 31 dicembre 2022. 

La pensione a 64 anni nel 2023 non esiste al momento  

Il nostro lettore dice di aver sentito che nel 2023 si potrà andare in pensione ancora 64 anni di età, anche senza quota 102 ed a prescindere da una sua eventuale proroga. Voci quindi che tali rimangono dal momento che ha 64 anni in pensione nel 2023 potranno andare soltanto quelli che rientrano nella pensione anticipata contributiva. Infatti l’unica misura che resterà in vigore, almeno allo stato attuale delle cose, è la pensione anticipata contributiva. Misura che permette uscite a 64 anni di età con 20 anni di contributi versati. Serve anche una carriera iniziata dopo il 31 dicembre 1995 e una pensione liquidata alla data della decorrenza pari a 2,8 volte l’assegno sociale (sopra i 1.300 euro al mese).

Una misura che il nostro lettore che si trova già con 38 anni di contributi versati non può utilizzare. Questo perché non è un contributivo puro (ha iniziato prima del 1996). Altre misure che permettono l’uscita 64 anni di età, che poi sono quelle di cui il nostro lettore continua a sentir parlare, sono soltanto proposte e ipotesi. Progetti che devono trovare conferma nella legge di Bilancio ma che ad oggi sono praticamente inesistenti. 

Pensione a 64 anni con 35 di contributi nel 2023 

Si parla per esempio di una pensione a 64 anni di età estesa alla generalità dei lavoratori come una specie di alternativa alla pensione di vecchia ordinaria. Secondo le ultime voci si pensa di introdurre un tetto minimo di contributi da detenere pari a 35 anni. Una misura di pensionamento anticipato costa sempre molto alle casse statali soprattutto nel lungo termine. A 64 anni di età significa andare in pensione ben tre anni prima dell’età pensionabile ordinaria. Per questo si pensa ad introdurre dei tagli che rendono la misura meno appetibile per qualche lavoratore facendo in pratica da deterrente al suo utilizzo.

Pensioni anticipate, ma devono essere meno appetibili

Per esempio la nuova pensione con 64 anni di età e con 35 anni di contributi potrebbe nascere con l’obbligo di utilizzare il ricalcolo contributivo della prestazione. E per tutta la carriera del lavoratore. Gli interessati in questo caso si troverebbero di fronte ad un autentico bivio. O scegliere una pensione penalizzata a 64 anni di età o attendere 67 anni di età della pensione di vecchiaia ordinaria senza tagli. Per chi ha molti anni di contributi versati prima del 1996 e gode di un trattamento retributivo fino a al 2012, il taglio sarebbe abbastanza cospicuo. Qui sta il deterrente nei confronti dei potenziali nuovi pensionati con questa misura.
 

Il taglio lineare di assegno e la pensione in quote di Tridico 

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Taglio della prestazione che potrebbe sopraggiungere anche scegliendo una via diversa rispetto al ricalcolo contributivo dell’assegno.

Infatti non mancano proposte e sempre a partire dai 64 anni di età con taglio lineare di assegno tra il 2% e il 3%. Una misura che prevede, per chi esce a 64 anni, un taglio percentuale dell’assegno rispetto a quello a 67 anni, del 9%. E questo senza considerare la prosecuzione della carriera e dei versamenti fino a 67 anni di età. Deterrenti dicevamo, e non è un’anomalia del sistema dal momento che non esiste misura flessibile se non si impongono dei sacrifici a chi le sfrutta. Introdurre una pensione neutra da penalizzazione a 64 anni di età infatti sortirebbe un effetto inevitabile. Effetto che è quello di spingere più persone ad optare per il pensionamento a 64 anni di età anziché a 67 come l’età pensionabile prevede. 

Prima la quota contributiva e poi la retributiva  

Ricalcolo contributivo dell’assegno e taglio lineare sono in genere le due azioni utilizzate dai legislatori per imporre penalizzazioni. Una via alternativa e innovativa a suo modo è quella a suo tempo proposta dal presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Il numero uno dell’Istituto previdenziale italiano ha proposto una pensione in due quote, cioè una contributiva ed una retributiva. Il pensionato a 64 anni di età dovrà accettare un assegno calcolato esclusivamente col sistema contributivo e quindi tagliato. A 67 anni invece, godrebbe di una pensione con calcolo completo, con dentro anche la quota retributiva.