Anche i bitcoin vanno dichiarati al fisco. A confermarlo è una recente sentenza del Tar del Lazio, la numero 1077 del 27 gennaio 2020 e pubblicata recentemente giudicando un caso in cui la moneta virtuale non sarebbe in alcun modo riconducibile ad investimenti di tipo finanziario in quanto avente mera natura di mezzo di scambio.

Pertanto tutti coloro che hanno investito in bitcoin o cripto valute diverse pensando di essere esenti da dichiarazioni fiscali dovranno d’ora in poi farlo presente alle autorità fiscali.

La legge li considera come redditi finanziari prodotti all’estero e li considera investimenti al pari delle valute straniere.

I bitcoin vanno dichiarati al fisco

Il dubbio era sorto con l’avvento dei bitcoin su cui molti investitori avevano fatto affidamento anche per trasferire fondi all’estero superando così i controlli dell’Uif presso la Banca d’Italia e la conseguente segnalazione al fisco. L’Agenzia delle Entrate, visto l’allargamento del fenomeno, aveva già chiarito nel 2018 con interpello nr. 956-39 che le valute virtuali devono essere oggetto dichiarate attraverso il quadro RW (indicando di inserire nella colonna 3 (“codice individuazione bene”) il codice 14 (“altre attività estere di natura finanziaria”). Respingendo la tesi secondo la quale la moneta virtuale non sarebbe in alcun modo riconducibile ad investimenti di tipo finanziario in quanto avente mera natura di mezzo di scambio.

La dichiarazione nel quadro RW

Tesi confermata recentemente dal Tar del Lazio che scaturisce dal ricorso promosso da alcune associazioni contro i modelli dichiarativi dei redditi 2019 (anno di imposta 2018) che prevedevano l’inserimento della valute virtuali nell’ambito degli obblighi di monitoraggio fiscale. I giudici tributari hanno ribadito che “la tassazione non si giustifica tanto per via semplice del possesso di valute virtuali in quanto tali, bensì per il loro impiego e la loro utilizzazione entro il novero delle diverse operazioni possibili, coerentemente con la loro natura effettiva, che è rappresentativa di valori che, a loro volta, sono costituiti da utilità economiche e quindi espressivi di capacità contributiva.

Prevale così la tesi dell’Agenzia delle Entrate che impone di includere le monete elettroniche nell’ambito dei redditi finanziari esteri da dichiararsi nel quadro RW del Modello Unico Persone Fisiche.

Le tasse sui bitcoin

Precisato che il bitcoin va dichiarato al fisco, e per questo non bisogna pagare nulla, anche le cripto valute incorrono nella tassazione ordinaria degli strumenti finanziari. L’Agenzia delle Entrate (risoluzione ministeriale n. 72 E del 02/09/2016) ha precisato che il bitcoin è assimilabile a una qualsiasi moneta, benchè virtuale e pertanto è possibile applicare le stesse normative che si applicano ai privati che svolgono attività speculativa in ambito monetario. Tale normativa stabilisce che solo le attività dei privati cittadini che detengano per almeno 7 giorni consecutivi in un anno un ammontare in moneta per un controvalore pari o superiore a 51.000 euro siano considerabili come attività speculative, generando pertanto redditi imponibili. In questo caso quindi le plusvalenze vanno rilevate e dichiarate. Tuttavia i privati cittadini non “chiudono bilancio” a fine anno, quindi le plusvalenze (26% dei guadagni o capital gain) saranno rilevate solo nel momento della vendita di bitcoin.