Basta un solo abuso dei permessi legge 104 per rischiare il licenziamento. Come cantano I Cugini di Campagna con il brano No tu no: “No, tu no, così non ci sto. Sbagliare una volta si può, amore no. Tu non mi ascolti e fai l’indiana, senza capire la mia pena”.

Nessuno è perfetto. Tutti quanti, anche se facciamo fatica ad ammetterlo, commettiamo primo o poi degli errori. L’importante è assumersi le proprie responsabilità e relative conseguenze. Proprio quest’ultime, purtroppo, possono essere spesso molto pesanti.

Lo sanno bene quei lavoratori che, a causa della loro negligenza, rischiano addirittura il licenziamento.

Chi ha diritto ai permessi legge 104

I lavoratori a cui è stato certificato uno stato di disabilità grave e i famigliari che prestano loro assistenza hanno diritto a tre giorni di permessi retribuiti al mese. Quest’ultimi possono essere frazionati anche ad ore. Entrando nei dettagli ne hanno diritto i genitori, il coniuge, il convivente more uxorio in caso di unione civile, i parenti e gli affini entro il secondo grado. Ne possono fare richiesta anche i parenti e affini entro il terzo grado se i soggetti prima citati sono disabili, deceduti oppure abbiano un’età superiore a 65 anni.

Un’agevolazione indubbiamente importante, volta ad aiutare le persone alle prese con gravi problemi di salute. Quest’ultimi possono usufruire dei permessi anche per soddisfare le esigenze di socializzazione. Ne consegue che, ad esempio, possono usufruire dei permessi legge 104 per attività di svago.

Abuso permessi 104, basta una volta per rischiare il licenziamento

La situazione differisce per i lavoratori che prestano assistenza. Quest’ultimi hanno diritto ai tre giorni di permesso retribuito per garantire il proprio aiuto al famigliare non autosufficiente. Se non adempiono a tale dovere si considera un abuso.

Entrando nei dettagli, viene considerato abuso dei permessi 104 tutte le volte in cui un lavoratore usufruisca anche solo di una parte delle ore di permesso per motivi personali.

 Come si evince dalla sentenza del Tribunale di Bari, del 30 aprile 2019, viene considerato abuso anche un’assistenza temporanea. Questo perché:

“verrebbe meno una risorsa all’interno del normale ciclo produttivo, che rende necessaria una differente organizzazione del lavoro all’interno dell’azienda”.

Si tratta, d’altronde, di un comportamento che fa venir meno la fiducia del datore di lavoro, il quale può decidere di licenziare per giusta causa. A tal proposito ricordiamo che il Tribunale di Venezia, attraverso la sentenza del 3 maggio 2019, ha confermato che anche un solo episodio di abuso può portare al licenziamento. Quest’ultimo non avviene in tronco, bensì deve essere avviato un procedimento disciplinare per permettere al lavoratore di fornire le proprie giustificazioni.

Se tutto questo non bastasse, a seconda del caso e della gravità della condotta, il lavoratore può essere accusato di truffa aggravata nei confronti dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche. In tal caso rischia anche di dover fare i conti con un procedimento penale.

Questo poiché beneficia di un diritto senza adempiere ai doveri richiesti. La maggior parte delle aziende, comunque, decide di procedere personalmente nei confronti del lavoratore, senza informare le autorità dell’eventuale reato. Il tutto per evitare di peggiorare ulteriormente la situazione.