Le pensioni si adeguano alla stima di vita della popolazione. La regola fissa è questa, e tutti si ricordano che dal primo gennaio 2019 le pensioni di vecchiaia e la loro età pensionabile passò dai 66 anni e 7 mesi ai 67 anni esatti di oggi. Uno scatto di 5 mesi con blocco fino al 2026 dei requisiti. In parole povere fino al 2026 sarà questa l’età pensionabile da completare che insieme ai 20 anni di età contributiva danno diritto alla pensione di vecchiaia a uomini e donne, a lavoratori autonomi e dipendenti, del settore privato e non.

Un altro aumento dell’età dovrebbe scattare, stando alle attuali ipotesi, nel 2027. Ma questo non vuol dire che nel 2024 le pensioni di vecchiaia non subiranno un incremento dei requisiti. Perché è oggettivo il fatto che molti vedranno allontanarsi la possibilità di lasciare il lavoro. E addirittura, per alcuni, si allontanerà di 4 anni.

“Salve, mi hanno detto che nel 2024 non cambieranno i requisiti per la pensione di vecchiaia. Io compio proprio nel 2024 67 anni di età. Avendo già oggi superato i 20 anni di contributi, mi ero illusa di poter andare in pensione con i medesimi requisiti di oggi. Solo che il mio consulente mi dice che non riuscirò per poco ad andare in pensione nel 2024. Perché sale l’assegno sociale e io a una pensione di oltre 800 euro non arrivo. Ma non capisco da dove deriva questa storia. Mi sapete spiegare meglio voi il perché tutti dicono requisiti fermi fino al 2027 e invece non è così?”

Niente adeguamento alle aspettative di vita, ma i requisiti 2024 peggiorano comunque

Sia le pensioni di vecchiaia che le pensioni anticipate non verranno adeguate all’aumento della vita media degli italiani. Anche se questa verrà registrata da parte dell’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica). In pratica, per le pensioni anticipate i contributi necessari per accedervi fino al 2026 resteranno pari a 42 anni 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Le pensioni di vecchiaia invece avranno sempre nei 20 anni di contributi la loro soglia utile relativa all’età contributiva. Mentre l’età pensionabile resterà pari a 67 anni indistintamente fra uomini e donne.

Quindi i requisiti per le pensioni resteranno congelati effettivamente, ma solo relativamente all’aspettativa di vita. Perché è certo che nel 2024 ci saranno lavoratori che andranno in pensione più tardi perché perderanno il treno della quiescenza a 67 anni proprio in virtù di un inasprimento dei requisiti di cui pochi parlano ma che si materializzerà.

Lo sai che nel 2024 aumentano i requisiti per le pensioni di vecchiaia? Ecco la verità che allontana gli assegni

La pensione di vecchiaia è una delle misure strutturali del sistema. C’è da fare una precisazione però che riguarda la pensione per i contributivi che cambia rispetto ai cosiddetti misti. Parliamo nel primo caso di soggetti che hanno il primo contributo a qualsiasi titolo versato dopo il 31 dicembre 1995. Mentre per i secondi parliamo di soggetti che hanno iniziato a versare prima. I primi con trattamenti calcolati esclusivamente con il metodo contributivo. I secondi con il metodo retributivo e contributivo insieme. E sono proprio i cosiddetti contributivi puri quelli che oggettivamente subiranno un pesante inasprimento dei requisiti a partire dal mese di gennaio 2024.

La pensione di vecchiaia per loro si centra solo se raggiunge un determinato importo, che è sempre pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale. Ma parliamo di assegno sociale con importo valido nell’anno in cui si presenta la domanda all’INPS e si maturano i relativi requisiti. Essendo l’assegno sociale variabile in base al tasso di inflazione, è evidente che salendo l’assegno sociale salirà anche il terzo requisito utile alle pensioni di vecchiaia per i contributivi, cioè l’importo minimo da raggiungere.

La pensione di vecchiaia per i contributivi, ecco cosa cambia nel 2024

In buona sostanza chi ha compiuto 67 anni di età e completato 20 anni di contributi oggi, nel 2023, se è un contributivo puro può andare in pensione se raggiunge un assegno pari a 755 euro circa al mese. Questo perché l’assegno sociale nel 2023 è pari a 503,27 euro mensili. Nel 2024 con un tasso di inflazione che sfiorerà sicuramente il 6%, l’assegno sociale passerà da 503,27 euro al mese a 535 euro sempre mensili, più o meno. Perché si prevede una indicizzazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali dell’INPS, compreso l’assegno sociale, in misura pari a circa il 6%.

A tanto dovrebbe ammontare più o meno il tasso di inflazione. Significa che nel 2024 non basterà più una pensione di 755 euro per andare in pensione ma ne servirà una che deve superare necessariamente gli 800 euro. Perché a fronte di un assegno sociale di 535 euro, la pensione minima da raggiungere pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale deve essere almeno di 802 euro al mese.

Cosa accade se la pensione maturata è inferiore a 800 euro al mese?

Non si può non confermare quindi un netto inasprimento dei requisiti previdenziale, anche se solo per i contributivi puri. Che per andare in pensione potrebbero dover attendere i 71 anni di età in molte circostanze. Difatti chi non arriverà nel 2024 ad una pensione di circa 800 euro al mese, non potrà che puntare allo step successivo che è quello dei 71 anni. A quella età la pensione di vecchiaia contributiva si centra anche con solo 5 anni di versamenti contributivi. E senza nessun collegamento all’importo minimo del trattamento previdenziale.

Anche le quiescenze anticipate sono slittate di 3 mesi

Non è un caso singolo questo, perché anche se fino al 2026 le pensioni saranno congelate come requisiti, sia per le anticipate che per le quiescenze di vecchiaia, il trend va verso un inasprimento. Lo dimostra anche un fatto passato sotto traccia ma abbastanza eloquente che riguarda le quiescenze anticipate.

Infatti rispetto al passato, per prendere la pensione anticipata occorre aspettare tre mesi dal raggiungimento dei requisiti. Per via delle finestra di attesa di fatto, anche se restano 42,10 e 41,10 rispettivamente per uomini e donne, i requisiti utili alle pensioni anticipate, c’è chi resta al lavoro 3 mesi in più.