Lo smart working non preserva il lavoratore da responsabilità disciplinare. Lavorare a distanza con l’ausilio di mezzi informatici via internet non mette affatto al riparo il dipendente da eventuali responsabilità

Come noto, il lavoro agile consente al lavoratore di eseguire le proprie mansioni lontano dagli occhi indiscreti di colleghi e capi addetti alla sorveglianza e al controllo. Tuttavia, essendo oggi il lavoro impiegatizio basato prevalentemente sull’uso di internet e della trasmissione dati in forma digitale, i controlli non sono da meno, tanto in ufficio come a distanza.

Smart working e responsabilità disciplinare

Nella pubblica amministrazione, a differenza che nel settore privato, le regole sulla responsabilità disciplinare in modalità smart working sono più stringenti. La legge 81/2017 che ha introdotto la definizione di lavoro agile, non stabilisce un diverso tipo di contratto, ma solo una modalità particolare di svolgimento dell’ attività lavorativa, fissando alcune regole chiare che vengono sottoscritte dai lavoratori. Tra queste, il rinvio all’accordo tra le parti l’ individuazione delle condotte passibili di sanzione disciplinare, che non possono però derogare al contratto collettivo, cui è demandata la scelta del tipo di sanzioni da applicare. Così, lavorare da casa, anche con l’utilizzo di mezzi informatici propri e della rete internet privata, non assume alcuna rilevanza qualora vengano commesse infrazioni disciplinari. L’osservanza dell’orario di lavoro, la diligenza nel compimento dei propri doveri e la riservatezza dei dati aziendali devono comunque essere rispettati rigorosamente. Così come utilizzare la mail aziendale, le chat o i social per fini personali è passibile di sanzione anche se l’azione viene svolta da casa piuttosto che in ufficio. Quindi è pacifico che sono ammessi controlli sulle email o sui Pc anche del lavoratore in smart working. Il datore di lavoro può effettuare ispezioni mirate per verificare il corretto uso degli strumenti di lavoro, ma entro i limiti stabiliti dalla legge.

Non sono consentiti controlli occulti, continuativi o pervasivi e possono sempre essere controllate le presenze.

P.A. in digitale anche rilevazione procedimenti disciplinari

Nel settore pubblico non si è mai fermata durante l’emergenza coronavirus la rilevazione dei procedimenti disciplinari da parte dell’Ispettorato per la Funzione pubblica. Anzi, dal primo gennaio scorso, diversamente da quanto accaduto negli anni precedenti, i dati vengono integralmente trasmessi dalle amministrazioni per via telematica, in modo più rapido e semplice, grazie all’implementazione di ‘Procedimenti Disciplinari’, la banca dati presente sul portale ‘PerlaPA’ che raccoglie le comunicazioni relative alle azioni disciplinari a carico dei dipendenti pubblici. Lo spiega il Ministero della Pubblica Amministrazione in una nota.

I procedimenti disciplinari avviati nel primo quadrimestre

Per quanto riguarda i dati del primo quadrimestre, su 1.931 procedimenti disciplinari avviati, 466 si sono conclusi, 1346 sono ancora in corso e 119 sono sospesi per procedimento giudiziario. Dei 466 procedimenti disciplinari conclusi, 82 hanno dato luogo all’irrogazione di sanzioni gravi quali 13 licenziamenti e 69 sospensioni dal servizio, spiega la nota aggiungendo che nello specifico, 15 procedimenti sono stati avviati per falsa attestazione della presenza in servizio (i cosiddetti “furbetti del cartellino”), di cui ben otto si sono conclusi con la sospensione dal servizio, uno ha portato al licenziamento, uno è sospeso per procedimento penale e cinque sono stati archiviati a seguito di modifica dell’iniziale addebito.