Il noto economista Roubini, noto anche come Dr. Catastrofe, non è nuovo a previsioni decisamente forti

Quando si tratta di fare previsioni azzardate, l’economista e Prof. alla New York University, Nouriel Roubini, non si sottrae mai, con fortune alterne. Dopo aver fallito (ad oggi) la previsione di una “tempesta perfetta” che tra il 2012 e il 2013 avrebbe dovuto spazzare via l’Eurozona, adesso l’economista si è cimentato nello stimare una quotazione dell’oro intorno ai mille dollari l’oncia entro il 2015.

E a sostegno della sua tesi elenca sei motivi.

 

Prezzo oro: le sei ragioni alla base della tesi di Roubini

Primo: l’oro aumenta di prezzo quando c’è crisi, essendo considerato un bene rifugio. Ma le crisi, almeno le più acute, sarebbero passate. Viene meno, quindi, la ragione principale che ha fatto la fortuna dei prezzi del metallo negli ultimi anni;

Secondo: rischio inflazione. Chi compra oro, lo fa per tutelarsi essenzialmente dalla perdita di valore di acquisto della moneta. Ora, pur avendo la Federal Reserve e la Bank of Japan aumentato enormemente la base monetaria (Tokyo intende raddoppiarla in due anni) e nonostante anche le altre banche centrali (vedi BCE) stiano sostenendo la liquidità con una politica monetaria molto espansiva, il rischio inflazione non è percepito e i prezzi non sembrano destinati a surriscaldarsi nemmeno nei prossimi mesi. Com’è possibile tutto ciò? Semplice. In giro c’è molta più moneta, ma le banche la trattengono per scopi precauzionali o per abbellire i bilanci, per cui non la fanno entrare in circolazione, evitando che tramite gli impieghi i prezzi possano crescere. A tale proposito vale la pena di chiedersi: ma cosa accadrà, quando le banche torneranno a fare le banche? Tuttavia, ad oggi vale quanto descritto anche dal Roubini;

Terzo: almeno in America c’è una ripresa dell’economia, che sta spingendo all’investimento negli asset classici, come le azioni, a discapito dell’oro, reso agli occhi degli investitori meno allettante;

Quarto: i tassi d’interesse reali starebbero aumentando, con ciò disincentivando nell’investire in oro.

E’ chiaro che con tassi così bassi, il fatto che i saggi reali stiano crescendo è dovuto alla riduzione dell’inflazione;

Quinto: i governi ultra-indebitati starebbero vendendo le riserve di oro per alleggerire le loro posizioni. Il caso più eclatante è della piccola repubblica di Cipro (Salvataggio di Cipro più caro, possibile la vendita dell’oro?).

La banca centrale di Nicosia detiene riserve per un controvalore di appena 400 milioni di dollari. Quando a marzo la UE decise di salvare l’isola, uno dei punti chiesti e imposti al governo cipriota consistette nella cessione dell’oro detenuto nei caveau, al fine di ottenere liquidità. Ora, quand’anche Cipro avesse già venduto sul mercato tutte le sue riserve di oro, queste sarebbero così insignificanti a livello globale, che l’impatto sulle quotazioni del metallo dovrebbe risultare nullo. Invece, così non è stato. Lo scorso 16 aprile, proprio in risposta alle voci per cui Nicosia avrebbe iniziato a vendere, l’oro precipitò fino a un minimo di 1.321 dollari l’oncia, perdendo in sole due sedute il 13%. Questo, perché gli investitori temono che una simile misura possa essere adottata da altri istituti dell’Eurozona, come Italia e Spagna, le cui riserve sono molto ricche. Si pensi, ad esempio, che la sola Banca d’Italia detiene oro per 2.500 tonnellate e per un controvalore stimato in 130 miliardi di dollari. Se Roma vendesse seriamente, il prezzo dell’oro sarebbe destinato a precipitare in poco tempo; (Usare le riserve auree per abbassare i costi di finanziamento?)

Sesto: il boom dell’oro, sostenuto da quelli che Roubini definisce “fanatici di destra”, è finito.

Ragion per cui, ora dovrebbe iniziare il trend inverso.

 

Quotazione oro: da cosa nasce la quota “1000”

Perché quota mille? Perché a ridosso della crisi dei subprime, tra il 2008 e il 2009, le quotazioni oscillavano nel range tra 840 e 1.100 dollari e secondo l’economista si dovrebbe tornare a questi valori, essendo quelli dai quali è partita la corsa al rialzo del metallo, culminata nel settembre del 2011 (uno dei mesi-apice della crisi finanziaria), quando le quotazioni sfondarono abbondantemente la barriera dei 1.900 dollari, puntando verso i 2.000. Successivamente, per ben tre volte il mercato ha tentato di superare i 1.800 dollari l’oncia (novembre 2011, febbraio e ottobre 2012), ma senza riuscirvi. Oggi, siamo sotto quota 1.400 dollari. Dall’inizio dell’anno l’oro ha già perso il 20%, quando i report delle più note banche mondiali davano il metallo in virata verso i 2 mila dollari entro la fine di quest’anno.

Secondo i dati diffusi dalla Commodity Futures Trading Commission degli USA, la scorsa settimana i contratti net-long o rialzisti sull’oro sono cresciuti del 35%, mentre quelli short o ribassisti sono diminuiti del 10%. In ogni caso, Barclays conferma la previsione di un trend calante a 1,483 dollari l’oncia in media per il 2013, scendendo a 1.450 dollari nel 2014 e a 1.375 nel 2015.

E anche Credit Suisse, uno degli istituti che avevano pronosticato il boom ancora a fine 2012, vede il prezzo a tre mesi a 1.300 dollari e quello a 12 mesi in recupero a 1.450 dollari.