Analisi tecnica SI, Analisi Tecnica NO spesso ci si divide sull’efficacia dell’Analisi Tecnica.

C’è chi ne parla male solo per “acchiappare” qualche trader sprovveduto (spesso alle prime armi) e dirgli ciò che vorrebbe sentirsi dire, ovvero che “l’Analisi Tecnica non funziona, e che è solo per questo che finora ha perso soldi“. Perché bisogna sempre dare la colpa a qualcun altro dei propri insuccessi, quando il problema, invece, è proprio la poca preparazione e la superficialità con cui tanti trader si avvicinano a questo mondo.

E oltre a raccontarti che l’Analisi Tecnica non funziona, ecco che arriva al punto: lui può insegnargli un metodo segreto – matematico – statistico – quantistico (o una delle tante “fantasiose” proposte che girano sui social, scegliete voi) che è quello usato dagli istituzionali – mani forti – banche d’affari, e tu puoi essere uno dei “fortunati” (=vittime) che per poche migliaia di euro può apprenderlo. Eviterei altri commenti, invitandovi a collegare il cervello e a rifiutare certe spiegazioni che sarebbero irricevibili in qualunque altro ambito professionale.

Ma ci sono anche tanti trader sistematici (persone serie, nulla a che vedere con lo stereotipo descritto qui sopra) che non riconoscono all’Analisi Tecnica una qualche valenza, perché la trovano imprecisa,  troppo discrezionale e difficilmente codificabile (che significa non poter effettuare backtest o non arrivare allo stesso risultato quando lo stesso principio è utilizzato da due trader).

In realtà questi stessi trader accolgono (e utilizzano) tanti strumenti dell’Analisi Tecnica: dai principi che qualificano un trend, all’impiego di pattern candlestick, di medie mobili o indicatori come Stocastico e RSI, fino a spingersi a cercare fenomeni ciclici (si pensi al lavoro di quantitativi come John Ehlers) …ma li usano in maniera differente da quello che ormai è diventato, nell’immaginario collettivo, lo stereotipo dell’analista tecnico: “colui che tira linee sui grafici”. 

Una delle ragioni che porta un trader sistematico a mostrare una certa diffidenza verso l’Analisi Tecnica, è talvolta la difficoltà di tradurre certe regole in maniera oggettiva (non interpretabile), ma il più delle volte, la difficoltà sta proprio nella codifica di queste regole.

Prendiamo il Breakout di TrendLine Dinamiche.

Non mi riferisco alle aree di supporto o resistenza statiche, che sono piuttosto semplici da codificare e, anche per questa ragione, ampiamente utilizzate come condizioni di ingresso in posizione all’interno di trading system. Sto pensando, piuttosto, alle “classiche” TrendLine che congiungono massimi decrescenti e minimi crescenti, quelle che tira sul grafico quell’analista tecnico che, il più delle volte, è criticato dal trader sistematico.

Saresti in grado di spiegare ad una piattaforma come disegnare una tredline dinamica e di comprare sulla sua rottura?

La domanda a cui vorrei cercare di rispondere (da trader sistematico) è: funzionano? 

La risposta (per un trader sistematico) passa dalla codifica, che è tutt’altro che semplice.

Le TrendLine che vedete nel grafico qui sopra non sono state disegnate da un operatore umano, ma dalla piattaforma, automaticamente. Dopo aver spiegato alla piattaforma quali criteri seguire per disegnare delle TrendLine, ho definito una condizione di ingresso in posizione e una regola di uscita dal trade.

Il setup per l’ingresso long richiede che il prezzo abbia violato la TrendLine per poi chiudere nuovamente sotto: si entra in posizione sulla prossima barra alla rottura del massimo della barra che ha rotto la TrendLine (l’ingresso short è simmetrico).

L’uscita è demandata ad un Trailing Stop che si attiva dopo che la posizione ha raggiunto un profitto pari al rischio (che ho quantificato in 1 Average True Range) oppure ad una uscita temporale dopo 5 barre in posizione.

E per essere un sistema così “grezzo”, su alcuni mercati il risultato è “incoraggiante”. Queste qui sotto sono le equity di questa strategia (applicata su grafici daily) sui Futures di Gold, Soybeans, Cotton, Crude Oil.

   

Ho scelto di lavorare con regole di ingresso e uscita molto semplici, per cercare di misurare se esista un qualche edge (=vantaggio) legato alla rottura di queste TrendLine che congiungono massimi e minimi relativi. Ho applicato la strategia ad un grafico Daily (usando candele con un minutaggio pari all’intera sessione, perché il prezzo di settlement differisce dall’ultimo prezzo realmente battuto), LIBB (Look Inside Bar Backtesting) attivo e tutti gli accorgimenti del caso.

Il risultato è un trading system piuttosto “grezzo”, che ho applicato su una trentina di mercati, senza adattare i parametri (ho escluso gli indici, dove il più dello volte funziona bene fare esattamente il contrario, ovvero shortare le false rotture a rialzo di una TrendLine e viceversa per le rotture ribassiste). Questo è il risultato al lordo dei corsi di transazione (ma ho riportato l’Average Trade nella penultima colonna, così che possiate fare le vostre valutazioni sull’effettiva capienza, tenendo sempre conto che si tratta di una strategia ancora grezza).

Ho ripetuto il backtest della strategia su questo stesso paniere, ma questa volta semplificando ancora di più il setup di ingresso in posizione: ora, per entrare Long, è sufficiente che il prezzo abbia violato la TrendLine (non serve che rientri per poi chiudere sotto). Anche questa volta, si entra in posizione sulla prossima barra alla rottura del massimo della barra che ha rotto la TrendLine (ancora una volta, l’ingresso short è simmetrico). La media delle colonne del Percent Profitable, del Net Profit e del Profit Factor sono in grassetto in fondo alla tabella.

Il risultato, in media, è sostanzialmente lo stesso (qui ottengo un net profit medio in virtù di un numero maggiore di operazioni, dato che il setup di ingresso è ancora più semplice di quello da cui siamo partiti): alcuni mercati tendono a rispondere meglio ad uno dei due setup rispetto all’altro, mentre altri ad entrambe le versioni.

Il dato di fatto, è che questo trading system (ancora piuttosto “grezzo”) sembra funzionare su tanti mercati, e questo ci incoraggia a portarne avanti lo sviluppo, magari su time frame inferiori (per recuperare anche sui singoli mercati una maggiore significatività statistica), introducendo filtri di volatilità o di trend e una migliore gestione della posizione.

Caro trader sistematico, anch’io vedo passarmi davanti (specie nella giungla dei social) delle analisi da farmi drizzare i capelli in testa, ma la “colpa” non è dell’Analisi Tecnica ma dell’analista (che non è arrivato in fondo al secondo capitolo del Pring che già posta le sue previsioni in giro, alternandole alla foto della Lamborghini). 

L’Analisi Tecnica offre tanti strumenti interessanti che anche un trader sistematico può imparare a sfruttare, a patto di imparare a codificarli correttamente.

 

Luca Giusti è un trader sistematico su Opzioni e su Futures dal 2002. Laurea in Economia, Dottorato di Ricerca in Direzione Aziendale, fondatore del progetto QTLab (Quantitative Trading LAB) in Svizzera, dove sviluppa metodologie di trading quantitativo. E’ advisor di due istituzionali e collabora con una software house (Da Vinci Fintech) con cui sviluppa piattaforme di analisi di dati finanziari, di backtest di stategie in Opzioni e di analisi di Portafogli (StrategyLAB e OptionLAB). Autore del libro “Trading Meccanico”, edito da Hoepli, Socio Ordinario Professional e docente del Master SIAT, è al suo secondo mandato come membro del comitato scientifico di questa associazione. E’ il docente dei corsi di QTLab sui Trading System e sull’Operatività con le Opzioni. Dal 2008 è relatore all’ITForum e al Tol EXPO di Borsa Italiana, è stato speaker al convegno internazionale IFTA 2017, relatore per TradeStation a Dubai nel 2016 su dei corsi di Trading Sistematico, e speaker in un convegno del CME Group a Londra nel 2019.