Esulta la maggioranza per l’approvazione del ddl Cirinnà, quello sulle Unioni civili, che ieri è passato alla Camera con l’apposizione del voto di fiducia del governo. Un passo storico lo hanno definito i proponenti della legge, che riconosce alcuni diritti alle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali. Un successo politico per il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che insieme al premier Matteo Renzi si era spesa più di tutti per cercare di incassare il risultato. Aldilà delle considerazioni sul merito, però, il rischio di un boomerang per il PD è dietro l’angolo.

La vittoria sarebbe stata totale, infatti, se i democratici fossero ancora oggi il partito uscito dalle urne nel febbraio del 2013, quello a guida Pierluigi Bersani, che per quanto avesse al suo interno una forte componente cattolica, era avvertito dagli elettori come una formazione di centro-sinistra, più sinistra che centro.

Cattolici PD a disagio, sarà fuga da Renzi?

Per intenderci, fino a qualche anno fa, il PD non era il punto di riferimento del mondo cattolico, anche se parte di esso lo guardava con simpatia e vi era persino dentro tra le componenti ex dc. Ma l’arrivo al governo di Renzi ha stravolto il quadro. Quel 40,8% ottenuto alle elezioni europee, infatti, non può che essere considerato il frutto di un allargamento della base di consenso del PD verso destra. Molti di quanti hanno assegnato al partito del premier la fiducia negli ultimi tempi sono cattolici, molti altri sono più vagamente conservatori, ovvero contrarie a misure così progressiste, che intaccano i valori tradizionali e mettono in discussione il modello di famiglia. Nemmeno il centro-destra berlusconiano e post-berlusconiano è mai stato clericale o cattolico nel vero senso del termine, ma tendenzialmente conservatore sì. E allora, quanto accaduto ieri potrebbe avere non pochi effetti alle imminenti elezioni amministrative di giugno, per non parlare del referendum costituzionale di ottobre.

     

Quali conseguenze su elezioni comunali e referendum costituzionale?

Due giorni fa, alla vigilia del voto alla Camera, il candidato centrista Alfio Marchini si è detto contrario a celebrare nozze gay, nel caso diventasse sindaco di Roma. Le dichiarazioni, subito criticate da diversi esponenti del PD, pare che gli abbiano portato in dote un paio di punti percentuali nei sondaggi, evidentemente attirandoli da altre formazioni (da destra?). Un’eventuale vittoria dell’imprenditore potrebbe essere interpretato come un segnale del ricompattamento delle forze cattoliche contro un PD di “deriva zapaterista”. La Chiesa sta digerendo il boccone amaro senza interventi rilevanti nel dibattito, al fine di non danneggiare la propria immagine e di non intaccare i rapporti con le istituzioni italiane, consapevole che a differenza del passato, nel caso tirasse la corda, il Parlamento vede oggi al suo interno una maggioranza numerica di forze progressiste sui diritti civili. Cosa accadrà, però, se da qui al referendum il mondo cattolico iniziasse ad allontanarsi dal PD e da Renzi e si guardasse intorno? Potrebbe trovare volti alternativi nelle singole realtà locali alle elezioni comunali e spingere per votare “no” alle riforme istituzionali del premier, in modo da provocarne la caduta. Dentro NCD, nonostante l’apparente soddisfazione di Angelino Alfano, segretario dei centristi e ministro dell’Interno, ci sono parecchi malumori, tanto che Maurizio Sacconi è tra quelli che già da oggi sta raccogliendo le firme per un referendum abrogativo.