Non è proprio granché come biglietto da visita la fusione dei marchi Telecom Italia-TIM, ormai solo TIM anche per la telefonia fissa. La compagnia ha annunciato con un comunicato stampa, che a decorrere dall’1 aprile di quest’anno, quindi, tra un mese, il costo delle chiamate tramite rete fissa verso i numeri fissi e i telefonini raddoppierà dai 10 ai 20 centesimi al minuto e sarà reintrodotto anche lo scatto alla risposta di 20 centesimi. Al contempo, promette che il costo del canone mensile resterà di 18,54 euro e che non sarà revocato lo sconto del 50% per le chiamate successive alle 3 ore e mezza al mese o alla tariffazione a scatti anticipati di 60 secondi.

La decisione di TIM riguarda i circa 700 mila clienti, che lo scorso anno non hanno aderito ai piani tariffari forfetari, quelli che consentono di chiamare verso la rete fissa e mobile a un costo fisso mensile, magari inclusa l’ADSL per navigare su internet, preferendo restare in possesso di una tariffa a consumo e con servizi di base. A questi fu offerto il piano Tutto Voce, quello attualmente oggetto della stangata.

Svecchiamento della clientela a colpi di aumenti delle tariffe

A conti fatti, si tratta di un espediente che la compagnia vorrebbe utilizzare per spingere tutti i clienti a passare verso le tariffe forfetarie, che presentano sì un costo fisso più elevato (minimo 29 euro al mese contro i meno di 19 del Tutto Voce), ma erogano un servizio più ampio e consentono chiamate illimitate verso telefonini e altri fissi. Dunque, il passaggio verso il servizio universale di TIM sarebbe l’opzione ottimale per quasi tutta la clientela, anche quella che utilizza di meno le chiamate da rete fissa, perché ormai la distanza tra il canone fisso mensile della tariffa a consumo e quello previsto per i piani forfetari si riduce ad appena una decina di euro, ma basta una singola chiamata di appena 50 minuti con la prima per rendere i 2 piani ugualmente onerosi.

   

Niente paura, ci sono i piani forfetari

Lo “svecchiamento” delle tariffe potrebbe apparire traumatico per un cliente poco avvezzo alle tecnologie, sprovvisto di internet, lontano dalle nuove logiche della telefonia, ma risulta veramente poco comprensibile il mantenimento dei piani a consumo, che si traducono in una bolletta mensilmente ignota al cliente e dai costi potenzialmente esorbitanti, nel caso di chiamate lunghe o frequenti e/o verso cellulari. Certo, TIM avrebbe potuto segnalare l’aggravio con n maggiore anticipo, anziché mostrare il vizietto tipico di chi non ha ancora abbandonato del tutto la mentalità di (ex) monopolista del mercato della telefonia fissa. Anche per questo, la compagnia ha optato nei mesi scorsi per scegliere il nome del marchio controllato e non del controllante, come ci si sarebbe potuti aspettare, godendo il primo di una nomea migliore tra i clienti. Ma evidentemente, le tecniche di comunicazione restano migliorabili, se non si vuole evitare di appannare in poco tempo l’immagine anche del nuovo marchio onnicomprensivo.