Il vertice a Bruxelles dei 27 ministri dell’Energia di questo giovedì è stato un flop. E il successo non era certamente nell’aria. Ben quindici paesi, a detta anche dell’italiano Gilberto Pichetto Fratin, hanno bocciato la proposta della Commissione europea sul tetto al prezzo del gas. Tra questi c’è stata l’Italia, che “così com’è” ha fatto sapere che non voterà a favore. Se ne riparlerà il 13 dicembre, come se di tempo non ne avessimo sprecato abbastanza per risolvere la crisi dell’energia.

Proposta della Commissione bocciata

Solo su due punti è stata trovata un’intesa: acquisti comuni per una frazione degli stoccaggi e permessi più veloci per la produzione di energie rinnovabili. Ma qual era la proposta della Commissione? Essa fissava un tetto al prezzo del gas a 275 euro per Mega-wattora e sarebbe scattato nel caso in cui tale soglia fosse stata superata per due settimane e se al contempo tale prezzo fosse risultato superiore a quello del Gas Naturale Liquido per almeno dieci sedute consecutive.

Uno scherzo l’hanno definito diversi ministri, specie del Sud Europa. Pensate che quando il prezzo del gas toccò il suo massimo storico a quasi 340 euro per Mega-wattora, il tetto non si sarebbe potuto applicare secondo i criteri proposti della Commissione. Infatti, le quotazioni non rimasero elevate oltre le due soglie per un numero sufficiente di sedute da fare scattare il tetto.

E, soprattutto, quale sarebbe il senso di una proposta per cercare di risolvere la crisi dell’energia, quando il tetto ipotizzato sarebbe di oltre il doppio rispetto al prezzo del gas attualmente in vigore alla borsa olandese? Ieri, il TTF stava sotto 125 euro e nelle scorse settimane era arrivato a scendere sotto 100 euro. Ma prima di questa crisi i prezzi oscillavano storicamente nel range 15-30 euro. Pertanto, la proposta della Commissione scontenta tutti: sia chi, come Olanda e Germania, di “price cap” non vuole sentir parlare, sia i fautori di tale tetto massimo.

Prezzo del gas divide “frugali” da “cicale”

E’ evidente che la Commissione abbia volutamente fissato un tetto al prezzo del gas così alto da risultare indigesto e far slittare la discussione. Il Nord Europa teme che esso possa indurre i fornitori ad optare per nuovi mercati, lasciando l’Europa al freddo. Il Sud Europa teme, invece, che un prezzo del gas troppo alto finisca per distruggere le produzioni nazionali. Molte imprese chiuderebbero battenti per l’impossibilità di sostenere i costi.

Il Nord ha anche un altro retro-pensiero: se il tetto fosse imposto, come chiedono molti governi tra 150 e 200 euro per Mega-wattora, il rischio sarebbe di tenere intatta la domanda di energia. In altre parole, solo il taglio dei consumi risolverebbe strutturalmente il problema. Paesi come Germania, Olanda, Austria, Svezia e Finlandia possono permettersi simili considerazioni perché dispongono di spazi di manovra fiscale per aiutare famiglie e imprese contro il caro bollette. Basti pensare al piano di 200 miliardi del governo Scholz. A dover tagliare i consumi sarebbero, quindi, gli altri stati.

Al contrario, il Sud Europa e la stessa Francia non possono attingere più di tanto ai conti pubblici. E non potendo aiutare granché famiglie e imprese, temono di perdere quote di produzione a favore del Nord e di accusare una caduta dell’economia senza alcun paracadute. Il discorso ruota tutto attorno a questo punto. Il prezzo del gas è l’ennesimo argomento a dividere presunti “frugali” da presunte “cicale”. Pregiudizi e furberie nazionali impediscono l’accordo.

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