La politica italiana si appassiona improvvisamente al tema del terzo mandato per sindaci e governatori di regione, uno di quelli che alla gente comune non può interessare di meno. Il solito circo per gli addetti ai lavori, insomma. Ciò non significa che sia privo di conseguenze proprio per l’uomo della strada. Mercoledì, la Lega ha presentato in Senato un emendamento al Dl Elezioni per chiedere l’introduzione del terzo mandato per i presidenti delle regioni italiane. Bocciato dal resto della maggioranza di governo e con i voti determinanti del Partito Democratico.

Sempre la Lega ha presentato e poi ritirato su invito degli alleati una proposta di legge per eliminare i ballottaggi nei Comuni, qualora il candidato a sindaco più votato ottenesse almeno il 40% dei voti al primo turno. Se ne riparlerà in seguito.

Terzo mandato già possibile nei piccoli comuni

A febbraio, il Dl 7 del 2024 ha già modificato alcune norme sull’elezione diretta dei sindaci. Esso introduce il terzo mandato nei Comuni con una popolazione tra 5.000 e 15.000 abitanti. E rimuove ogni limite per i Comuni sotto 5.000 abitanti. Resta il limite del secondo mandato per i Comuni sopra 15.000 abitanti. E’ stata così modificata la legge n.81 del 1993, che previde allora sia l’elezione diretta del primo cittadino che le limitazioni sinora vigenti. A proposito, queste impediscono la terza elezione di fila, mentre è sempre possibile ricandidarsi per un terzo mandato, purché dopo il secondo vi sia un ricambio.

Rischi di concentrazione del potere

La ratio di queste modifiche è la seguente: nelle piccole realtà è spesso difficile trovare persone qualificate che si candidino a sindaco. Pertanto, sarebbe più appropriato consentire al sindaco uscente di correre eventualmente anche per un terzo mandato. L’alternativa spesso sarebbe di dover votare un pinco pallino qualunque per l’impossibilità legale di tenersi il bravo sindaco uscente.

Ma a cosa fu dovuta la previsione del limite massimo di due mandati consecutivi per sindaci e governatori? Al rischio di creare incrostazioni di potere personale, attraverso le quali controllare il consenso e finire per inficiare i risultati elettorali. Ricordiamoci che un governatore, ad esempio, gestisce la spesa sanitaria, oggi come oggi il budget più sensibile dal punto di vista sociale per i cittadini. Sarebbe una buona idea che alla guida della regione vi fosse ininterrottamente la stessa persona per oltre un decennio? La risposta non è scontata. Ad esempio, le esperienze amministrative consentono di farsi le ossa in politica e nei fatti creano le classi dirigenti dei partiti.

Il caso Zaia nel Veneto

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Il caso Zaia in Veneto

Il dibattito politico sul terzo mandato, tuttavia, non ha nulla a che fare con questi dubbi. Ruota tutto attorno a questioni di sopravvivenza e di espansione del potere di ciascun partito. La Lega scopre dopo tanti anni la necessità di far scegliere ai cittadini se tenersi o meno un sindaco o un governatore dopo due mandati per la semplice ragione che altrimenti rischia di perdere la guida della Regione Veneto. Luca Zaia sta per concludere il terzo mandato da governatore. Gli è stato possibile superare il secondo, perché a Venezia la legge quadro n.165/2004 fu recepita dopo che era stato eletto per la prima volta. Il primo mandato nei fatti non fu conteggiato.

Dunque, Zaia pretenderebbe il quarto mandato. Quasi certamente, lo otterrebbe. E’ amatissimo dai suoi corregionali. E Matteo Salvini sarebbe ben lieto di accontentarlo. Con un solo colpo, lo terrebbe lontano dalla segreteria nazionale della Lega e manterrebbe la guida di una delle regioni economicamente ed elettoralmente più influenti d’Italia.

Meloni e Fratelli d'Italia "freddi" sul terzo mandato

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Fratelli d’Italia ha pochi eletti uscenti

Fratelli d’Italia non ha una vera preclusione ideologica al terzo mandato.

Tutt’altro. Semplicemente, non vuole lasciare il Veneto agli alleati leghisti. Il partito della premier Giorgia Meloni è relativamente giovane e solo da pochissimi anni ottiene consensi rilevanti. E’ primo in Italia dalle elezioni politiche del settembre 2022. Ha tutto l’interesse a ridefinire la mappa del potere politico. Rispetto a Lega e persino Forza Italia, vanta ancora pochi sindaci e governatori uscenti. Pur sfiorando il 30% nei consensi nazionali, ha solamente il rieletto Marco Marsilio alla guida dell’Abruzzo e Francesco Acquaroli nelle Marche.

Dunque, il partito meloniano non ha alcun interesse a perpetuare il potere degli uscenti. Farebbe un regalo ai leghisti, in particolare, che al Nord hanno tanti eletti al secondo mandato tra i sindaci e che governano ben quattro regioni potenti e ricche (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia e Regione Autonoma di Trento).

Paradosso PD di Schlein

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Il paradosso del PD di Schlein

E il PD? Essendo rimasto radicato ormai soltanto nelle regioni “rosse” di Emilia-Romagna e Toscana, avrebbe tutto l’interesse a votare a favore del terzo mandato. Riuscirebbe probabilmente a fare rieleggere molti suoi sindaci e i governatori uscenti Stefano Bonaccini ed Eugenio Giani. Ma la segretaria Elly Schlein vuole ridimensionare proprio Bonaccini, suo sfidante alle elezioni primarie di un anno fa, nonché Vincenzo De Luca. Anch’egli è in cerca di un terzo mandato come governatore della Campania, ma risulta sgraditissimo al Nazareno.

Terzo mandato questione di interesse personale

Questioni di ripicche interne hanno spinto Schlein a fare fronte comune con Meloni contro la proposta della Lega. Anch’ella vuole vincere con uomini “propri” e non affidandosi ai vecchi capibastone del partito. Come detto, sul terzo mandato le posizioni sono di puro interesse partitico, anzi personale. Salvini agita il tema per non soccombere politicamente alla premier. Questa lo respinge per riequilibrare i rapporti di forza nel centro-destra. E Schlein le dà una mano per riposizionare il PD a favore del suo nuovo corso sin dalle fondamenta.

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