Le novità sul Superbonus non riguardano soltanto il décalage delle detrazioni, che dal prossimo gennaio scendono al 70% delle spese di ristrutturazione. Ad animare il dibattito di questi giorni vi è anche una previsione contenuta nella Legge di Bilancio 2024 relativa alle tasse sulle case ristrutturate con il Superbonus e rivendute dal proprietario. Come molti quotidiani hanno anticipato, c’è in vista una stangata fiscale. Cerchiamo di capire quando e in quale misura. Partiamo da una premessa. In Italia, chi rivende un immobile a distanza di meno di cinque anni dalla data di acquisto, è tenuto a versare al Fisco un’imposta del 26% sulla plusvalenza.

Questa si calcola come differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto. Nulla è dovuto se la cessione avviene a distanza di oltre cinque anni dalla data di acquisto.

Novità con Legge Bilancio 2024

La Legge di Bilancio 2024 modifica questa norma generale, apportandovi alcuni correttivi. Chi rivende un’abitazione ristrutturata con il Superbonus a distanza di meno di 10 anni dalla fine dei lavori, deve corrispondere al Fisco il 26% sulla plusvalenza. Vedremo nello specifico come si applica, mentre dobbiamo chiarire che la previsione esclude i proprietari di prime case e gli eredi. Quanto alla plusvalenza, essa si determina al lordo dei costi del Superbonus, qualora questi siano stati sostenuti tramite cessione del credito e sconto in fattura. Tuttavia, decorsi almeno 5 anni dalla fine dei lavori, tali costi risultano detraibili al 50% ai fini del calcolo della plusvalenza.

Qual è, quindi, la differenza con la disciplina generale? Anzitutto, il periodo di riferimento sale da 5 a 10 anni per evitare di pagare il 26% sulla plusvalenza. E decorre non dalla data di acquisto dell’abitazione, bensì da quella di fine dei lavori di ristrutturazione con il Superbonus.

Tasse casa Superbonus, esempi di stangata

Facciamo un esempio per capire meglio l’impatto della novità. Immaginiamo di avere acquistato un immobile adibito a seconda casa nel 2010 per 150.000 euro, di averlo ristrutturato con il Superbonus nel 2022 e di rivenderlo nel 2024 a 250.000.

Supponiamo anche che la ristrutturazione ci sia costata 50.000 euro, ma che effettivamente non abbiamo sborsato alcunché grazie alla cessione del credito e al conseguente sconto in fattura praticato dalla ditta. Secondo la normativa generale, non avremmo dovuto versare nulla al Fisco, essendo trascorsi più di cinque anni dalla data di acquisto. E con la nuova legge?

Essendo finiti i lavori soltanto da due anni e trattandosi di seconda casa, la cessione va sottoposta a tassazione con l’aliquota del 26% sulla seguente plusvalenza: prezzo di vendita al netto del prezzo di acquisto rivalutato per l’inflazione. Il risultato è di circa 59.500 euro, per cui pagheremmo sui 15.500 euro. I costi legati al Superbonus non sono ammessi in detrazione. Se, invece, la cessione avvenisse nel 2028 allo stesso prezzo, la plusvalenza scenderebbe a 34.500 euro, in quanto sarebbero trascorsi almeno cinque anni dalla fine dei lavori e i costi del Superbonus sarebbero ammessi in detrazione per la metà. Pagheremmo circa 9.000 euro.

Rivendita casa ristrutturata entro 5 anni

Ad oggi, la normativa consente di detrarre interamente i costi della ristrutturazione sostenuti con il Superbonus per le case rivendute entro cinque anni dalla data di acquisto. Dunque, anche in questo caso esiste un aggravio fiscale determinato dall’indetraibilità di tali costi, fatto salvo che anche oggi la plusvalenza si applicherebbe, essendo intercorsi meno di cinque anni dalla data di acquisto dell’immobile.

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