Parli di Flavio Briatore e subito si scatena l’immancabile polemica. L’imprenditore cuneese è solito essere oggetto di critiche al vetriolo e non disdegna le repliche piccate. Questa volta ad attizzare il fuoco è stata l’italica pizza. Dopo avere aperto tre ristoranti della catena Crazy Pizza a Londra, Montecarlo e Milano, alcuni clienti si sono lamentati sui social dei costi “esorbitanti” delle pizze servite nei suoi locali. Per tutta risposta, Briatore ha sostenuto l’impossibilità di vendere una pizza a prezzi modici.

Ha fatto l’elenco dei costi delle materie prime: Pata Negra a 65 euro al chilo, San Daniele a 35, pelati Trianese a 4, Gran Biscotto a 30-35, mozzarella di bufala a 15 e farina 1,50. Per questo, ha spiegato che una pizza Margherita nei suoi ristoranti non possa essere venduta a meno di 14-15 euro.

La protesta dei pizzaioli napoletani

Apriti, cielo! E’ venuto giù il mondo, anche perché maliziosamente Briatore ha dichiarato che, a suo avviso, fare pizze “a 4 euro” non sarebbe possibile. Ci sono le materie prime, i dipendenti da pagare, l’IVA, la luce, il gas e le tasse da versare. Come si fa, si chiede? “O sforni 50.000 pizze al giorno o non mi spiego”.

Ad essersi risentiti sono stati particolarmente i pizzaioli napoletani e, più in generale, la Campania. Il presidente della Commissione Agricoltura della regione, Francesco Emilio Borrelli, ha usato parole a dir poco pesanti nei confronti dell’imprenditore, definendolo “parvenu della ristorazione” che cucinerebbe per “cafoni arricchiti”. Ha ricordato come la pizza sia un prodotto popolare povero e tutelato dall’UNESCO. Dunque, si potrebbe e, anzi, si dovrebbe vendere per pochi euro.

Tralasciando le volute esagerazioni di Briatore, che sa benissimo come oramai una pizza Margherita raramente la si venda più a 4 euro, l’imprenditore ha avuto ragione nell’affermare di essere “un genio” a differenza di chi lo critica.

Lo è per diverse ragioni. Anzitutto, perché queste polemiche – diremmo da 4 euro – servono proprio a fargli pubblicità gratis. Chi lo attacca pensa di rovinargli l’immagine, mentre una larga fetta della popolazione italiana (e non) lo percepisce come un innovatore che rompe gli schemi e porta a galla questioni complesse, pur spesso esemplificate in maniera grossolana.

La pizza di Briatore alza il velo sui costi

Briatore ha affermato nei giorni scorsi – e non abbiamo motivo di non credergli – di essere pieno con le prenotazioni nei suoi locali fino a tutto giugno. Questo è l’unico metro del successo di un imprenditore, non le dissertazioni filosofiche di un politico alla regione o fosse anche al governo nazionale. Secondariamente, egli ha portato a galla un problema che esiste e solamente l’ipocrisia italica tende a nasconderlo. I ristoratori affrontano costi sempre più elevati per le materie prime, gli affitti dei locali, luce, gas, dipendenti, tasse, ecc. Allo stesso tempo, i clienti vogliono mangiare a prezzi modici e in molti casi ci riescono. Com’è possibile tutto ciò? Non è forse che la qualità degli ingredienti serviti stia andando a scemare negli anni e, però, diventa lesa maestà nel Bel Paese anche solo dubitarne?

Molti dei pizzaioli che attaccano sui social Briatore e la sua Crazy Pizza, prima di tutto dovrebbero chiedere a sé stessi: sto pagando davvero tutte le tasse che mi vengono chieste dallo stato? Tengo i dipendenti in regola? Li pago dignitosamente? Se la risposta a una o più di queste domande è negativa, dovrebbe trovare il buon gusto di tacere. Molti, invece, li troviamo nei tiggì a lamentarsi pateticamente di non trovare camerieri, lavapiatti e pizzaioli perché “i giovani non vogliono lavorare”.

E da Briatore non mangi alla cieca. Come ha spiegato l’imprenditore stesso, esiste un menù con i prezzi e il cliente ha la possibilità di spaziare da un’acqua minerale a un buon vino, passando per una coca zero.

Può decidere di prendere una Margherita a 15 euro o un’altra da 65 euro. Tutto in libertà, nessuno costringe nessuno. E’ il libero mercato, in Italia sempre più questo sconosciuto!

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