La Lega di Serie A ha vinto la sua prima battaglia contro Sky Italia, dopo che il Tribunale di Milano le ha dato ragione sull’esigibilità immediata delle obbligazioni contratte dalla pay tv, in relazione all’ultima rata da 130 milioni di euro dei diritti TV per trasmettere 7 partite su 10 ogni settimana per il triennio 2018-2021. Ma è stata una vittoria di Pirro, perché il giudice non ha ravvisato le condizioni per una immediata esecutività del provvedimento, un fatto che concede a Sky Italia ancora 40 giorni di tempo per decidere se ottemperare alla sentenza o fare ricorso.

Dunque, le 20 maggiori società di calcio italiane potrebbero dover attendere fino a tutta l’estate per entrare in possesso della quota dei diritti TV loro spettante.

Il colosso guidato da Maximo Ibarra non sente ragioni e ha deciso di non versare i 130 milioni, lamentando un calo degli ascolti pari a 2,5 milioni per ogni giornata di campionato e, pertanto, pretende uno sconto tra il 15% e il 18% sul prezzo annuo da pagare. La Serie A non cede e, forte del contratto per l’assegnazione dei diritti TV per il triennio in corso, si mostra decisa ad arrivare alle estreme conseguenze. Il più agguerrito sarebbe il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che insieme a quello della Lazio, Claudio Lotito, vorrebbero spegnere il segnale per le partite giocate dopo il 12 luglio, in quanto non coperte dai versamenti effettuati da Sky.

La minaccia è seria, perché tutta la Lega ci starebbe pensando. Se il segnale venisse spento, milioni di abbonati Sky si ritroverebbero impossibilitati a seguire le ultime 6 giornate di campionato. A quel punto, Sky diverrebbe inadempiente non solo nei confronti della Lega, bensì dei propri stessi abbonati, con questi ultimi ad avere titolo per chiedere un risarcimento del danno. E così, i risparmi che indebitamente la pay tv vorrebbe portare a casa tramite uno sconto auto-applicato senza ottemperare il contratto andrebbero in fumo.

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Rischio caos

A dire il vero, Sky non ha lasciato le società senza ossigeno, avendo versato già la prima rata per il prossimo campionato 2020/2021. Tuttavia, la questione si sposta adesso sulla prossima asta per l’assegnazione dei diritti TV per il triennio 2021-2024. Al bando non possono partecipare le società che hanno in corso pendenze con la Lega. Dunque, al momento Sky non avrebbe i requisiti per partecipare, sebbene di alternative in Italia non se ne abbiano, dopo che Mediaset ha deciso di mollare la sua pay tv Premium. E Img e Dazn sono troppo piccole per prenderne il posto. Dopo tutto, il colosso di Ibarra tiene in vita il nostro campionato con 780 milioni complessivamente sborsati per ogni stagione.

A questo punto, la Lega dovrebbe darsi da fare per creare un proprio canale per trasmettere le partite, un progetto che ha in mente sin dalla scorsa asta pasticciata di due anni fa, quando la spagnola Mediapro ottenne i diritti, ma non versò la prima rata in tempo, divenendo inadempiente. Sfumato il sogno di aumentare gli incassi con la prossima asta, la speranza sarebbe che si affacciassero nuovi soggetti internazionali sulla scena. Uno di questi è Amazon, un altro potrebbe essere Facebook. Insomma, la vera arma di ricatto in mano alle società non è la sentenza di Milano, quanto i nuovi possibili concorrenti miliardari americani, questi ultimi intenti a farsi strada nel mondo dello sport per fidelizzare la clientela.

Ci sono vari rischi all’orizzonte. Quello più immediato sarebbe una reazione a macchia di leopardo da parte delle società. Se solo alcune spegnessero il segnale, di fatto gli abbonati Sky si ritroverebbero a poter seguire alcune partite e non altre per le ultime giornate di campionato.

Il caos. In più, i grandi club prenderebbero la palla al balzo per trattare per conto loro sui diritti per il prossimo triennio, ma finendo così per indebolire la posizione negoziale dei più piccoli e per mandare a gambe per aria alcuni di loro. E quest’ultimo scenario sarebbe forse ambito da Sky, che pagherebbe solamente per inserire nel bouquet le squadre più seguite dai propri abbonati. Le altre verrebbero abbandonate al proprio destino e dovrebbero accontentarsi delle briciole che riuscirebbero a ritagliarsi tra i concorrenti e le pieghe dei contratti. A proposito, la legge Melandri è in fase di revisione in Parlamento.

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