E’ Kazuo Ueda la scelta del governo per succedere ad Haruhiko Kuroda nel ruolo di governatore della Banca del Giappone. Saranno le due Camere del Parlamento a dover confermare la scelta, seguendo un iter che inizierà il prossimo 24 febbraio. L’insediamento a tutti gli effetti avverrà tra due mesi, quando scadrà il mandato del governatore uscente. Accademico, 71 anni, dovrà decidere sin da subito se porre fine alla lunga stagione dell’accomodamento monetario che vede ancora oggi l’istituto tenere i tassi negativi.

Secondo gli osservatori internazionali, la svolta non sarà così brusca e immediata come siamo portati a pensare. Sta di fatto che la politica monetaria così com’è si configura come insostenibile.

La Banca del Giappone tiene il costo del denaro a -0,10%, unico caso al mondo. E continua ad acquistare grossi quantitativi di titoli di stato per iniettare liquidità sui mercati. Tant’è che ormai detiene circa la metà del debito pubblico, quest’ultimo salito sopra il 260% del PIL, record mondiale. Queste misure andavano bene quando l’inflazione era bassa, ma a dicembre è salita al 4%, il dato più alto da 41 anni. E gran parte di tale crescita è dovuta all’indebolimento del cambio. Lo yen è arrivato a scambiare a più di 151 contro il dollaro nell’autunno scorso. Oggi, viaggia a 132 e ad inizio mese stava a circa 128,65.

Riflessi per economia mondiale

Cosa succede? Il Giappone tiene i tassi d’interesse invariati, mentre il resto del mondo li sta alzando da quasi un anno. Negli Stati Uniti, i tassi sono saliti al 4,75%, nell’Area Euro al 3% e nel Regno Unito al 4%. Nei mesi scorsi, quindi, i capitali sono defluiti dal Sol Levante per essere impiegati in aree del mondo più fruttifere. Questo processo ha impattato negativamente sullo yen, che si è indebolito contro il dollaro ai minimi dal 1998. La banca centrale è stata così costretta ad intervenire a settembre e ottobre per placare le vendite.

A dicembre, poi, ha dovuto allentare il controllo sulla curva dei rendimenti. Dopo oltre sei anni, la soglia massima tollerata per il rendimento decennale sovrano è stata raddoppiata dallo 0,25% allo 0,50%. Resta invariata attorno a -0,10% quella della scadenza biennale.

Negli ultimissimi mesi, lo yen ha risalito la china semplicemente per l’attesa di una svolta a Tokyo con la fine del mandato di Kuroda. Se Ueda confermerà le attese, il cambio continuerà a rafforzarsi e i rendimenti nipponici saliranno. Ciò avrà riflessi per l’economia mondiale. Già gli abbondanti capitali domestici di fondi, banche e assicurazioni sono stati in parte rimpatriati per essere investiti sul mercato sovrano domestico. Questo significa che mercati come quelli nordamericano ed europeo sono stati privati e rischiano di essere ulteriormente privati nei prossimi mesi e anni di preziosa domanda con cui rifinanziare le scadenze ed emetterne di nuove.

Giappone resta eccezione

Ueda non potrà permettersi, tuttavia, una svolta radicale e repentina. L’immenso debito pubblico del Giappone richiede prudenza nell’aumentare i tassi d’interesse. A rischio vi è la stabilità fiscale della terza economia mondiale. D’altra parte, l’inflazione stessa non risulta fuori controllo come in molti paesi avanzati. La risalita dello yen potrebbe già portare in questi mesi a un suo calo. E c’è da dire che quando il nuovo governatore si sarà insediato, la Federal Reserve sarà al termine della sua stretta monetaria e la Banca Centrale Europea quasi. Ciò allenterà la pressione su Tokyo, che potrà guadagnare tempo.

Più che un aumento immediato dei tassi, probabile che Ueda allenti ulteriormente il controllo della curva dei rendimenti, dando sfogo alle forze di mercato. Le soglie minime sarebbero innalzate per una seconda volta e possibilmente anche per il tratto breve. Inoltre, saranno probabilmente ridotti gli acquisti dei bond per mitigare le maxi-iniezioni di liquidità ancora in corso.

Sulla tempistica non c’è accordo tra gli analisti. Alcuni sostengono che le prime misure arriveranno entro metà anno, altri che saranno attivate a metà dell’anno prossimo. Siamo certamente alla fine di un’era, ma il Giappone resterà un’eccezione di politica economica con ogni probabilità anche nei prossimi anni.

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