In assenza di novità sulla riforma delle pensioni, i sindacati di CGIL, CISL e UIL considereranno anche l’ipotesi di proclamare lo sciopero generale. L’incontro di martedì sera con il governo Draghi non è andato bene per loro stessa ammissione. Erano presenti al vertice per l’esecutivo lo stesso premier, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, quello della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, e dell’Economia, Daniele Franco.

Di risposte “largamente insufficienti” ha parlato al termine dell’incontro Luigi Sbarra della CISL, ma i toni si sono riscaldati specialmente quando Mario Draghi ha lasciato le parti “per un altro impegno” dopo tre ore di vertice.

Non esiste alcuna vera riforma delle pensioni. Anzi, il premier è stato piuttosto chiaro con i sindacati: si torna alla legge Fornero, pur con una certa gradualità.

Con la fine di quota 100, dal 2022 l’ipotesi sinora fatta presente al tavolo è stata di rafforzare l’Ape social, aprendo a ulteriori lavori gravosi, nonché di prorogare ancora Opzione Donna. Questa seconda misura continuerebbe a consentire alle donne di andare in pensione con almeno 58 anni di età e 35 anni di contributi, ma accettando un assegno interamente liquidato con il calcolo contributivo. Si ragiona, tuttavia, anche su “quota 41”: mandare in pensione i lavoratori con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Ieri sera, però, la “cabina di regia” a Palazzo Chigi avrebbe trovato la quadra su quota 102 per il solo 2022: in pensione a 64 anni di età e 38 anni di contributi. Stanziato anche un fondo da 3-400 milioni a sostegno dei lavoratori più penalizzati dall’innalzamento dei requisiti.

Sindacati contrari a riforma pensioni con un ritardo decennale

La Lega propone una sorta di quota 41 diversa da quota 102-104 allo studio del governo per i prossimi due anni: 62-63 anni di età con 41 anni di contributi per lasciare il lavoro. Ad ogni modo, il ritorno alla legge Fornero non piace ai sindacati, che annunciano forme di mobilitazione unitarie contro questo scenario.

E qui scadiamo nel ridicolo. La legge Fornero fu varata nel 2011 ed entrò in vigore un mese dopo, cioè dal gennaio 2012. Essa innalzò in pochissimi anni l’età pensionabile per le donne a 67 anni, inasprendo anche i requisiti per la pensione anticipata. E quella riforma non vide neppure la convocazione dei sindacati a Palazzo Chigi, i quali non aprirono bocca e non ebbero nulla da eccepire.

Con quale credibilità CGIL-CISL-UIL oggi minacciano lo sciopero contro una misura da loro stesse accettata 10 anni fa? Si può ribattere che la legge Fornero fu varata in un clima di emergenza nazionale, sotto il bombardamento dello spread e voci insistenti di possibile capitolazione dell’Italia sui mercati finanziari. E quale sarebbe il compito di un sindacato, se non quello di cercare di difendere gli interessi degli iscritti in qualsivoglia situazione? Insomma, questa sceneggiata è indegna. Non ci si può ricordare di rappresentare i lavoratori solo quando una situazione eccezionale come la pandemia ritaglia a favore del governo qualche margine di manovra fiscale. E dov’erano questi stessi sindacati quando da mesi il premier Draghi annunciava la fine di quota 100?

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