C’è un tema sempreverde che tiene banco da decenni nel dibattito politico italiano e che riguarda l’iniqua distribuzione della ricchezza delle famiglie. I partiti del centro-sinistra sono soliti sostenere la necessità di introdurre una qualche forma di imposta patrimoniale. In piena campagna elettorale, lo scorso anno, l’allora segretario del Partito Democratico, Enrico Letta, s’inventò una proposta simile per destinare “una dote di 10.000 euro ai diciottenni”. A succedergli alla guida del Nazareno c’è oggi Elly Schlein, che sembra avere ripreso il filone della patrimoniale, volendo sul tema spostare più a sinistra possibile l’asse programmatico e ideale del PD.

Ma come stanno realmente le cose? I dati dell’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica, elaborati su quelli di Istat e Banca d’Italia, hanno trovato che la ricchezza delle famiglie italiane a fine 2021 fosse di 10.422 miliardi di euro, al netto delle passività. In Europa, meglio di noi farebbero solo Belgio, Irlanda e Malta. Si tratta di 350 mila euro per ciascuna famiglia in media.

Ricchezza delle famiglie elevata

Sappiamo, però, che le medie sono spesso ingannatrici. Se io ho 100 e tu 0, la media ci dice che abbiamo entrambi 50. Ecco perché la rielaborazione dei dati ha voluto indagare sulla mediana. Essa scarta i valori più estremi e si concentra su quelli più frequenti all’interno di una data categoria. Ebbene, è emerso che la ricchezza mediana delle famiglie nel nostro Paese fosse nel 2021 di 179 mila euro. Con una notevole differenza tra cosiddette coorti: il 10% delle famiglie più ricche possedeva il 55%, mentre il 50% delle famiglie più povere appena il 9%.

Ed ecco spuntare il tema dell’equa distribuzione della ricchezza tra le famiglie. Una famiglia su dieci possiede oltre la metà dei patrimoni, mentre una su due meno di un decimo. Messa in altri termini, il 10% più ricco possiede 6 volte in più del 50% delle famiglie.

A questo punto sorge spontaneo il dubbio che la sinistra possa avere ragione nel pretendere una tassazione sui patrimoni più incisiva. La patrimoniale servirebbe a ridurre le distanze tra fasce della popolazione, ammesso che tale obiettivo debba considerarsi condivisibile. Diamo per scontato che lo sia, ma siamo così sicuri? Se mi rompo la schiena a lavorare, studiare, investire e riesco a mettere su un bel patrimonio, per quale ragione lo stato dovrebbe sottrarmene una quota per darla a chi, magari, nemmeno si alza la mattina per andare a lavorare?

Immobili italiani tartassati

Tralasciando i discorsi teorici, la realtà dei fatti è la seguente: sempre secondo l’Osservatorio, nel 2021 il gettito fiscale in Italia derivante dalle imposte di natura patrimoniale è stato pari al 2,5% del PIL, perfettamente in linea con quello medio europeo. Il nostro Paese, infatti, si collocherebbe a metà strada tra i paesi come Regno Unito e Sud Europa che tendono a tartassare i patrimoni e gli altri del Nord Europa con un tocco leggero. I patrimoni italiani sono meno tassati di paesi come il Regno Unito e più di altri come la Germania.

L’idea che l’Italia tassi poco i patrimoni è semplicemente falsa. E la metà del gettito patrimoniale deriva dagli immobili, che a loro volta incidono per poco più della metà della ricchezza delle famiglie netta. E poiché le prime case sono sottratte alla tassazione, ciò implica che le seconde case sono tartassate abbondantemente. Insomma, non è per niente vero, come sostengono il PD e gli alleati di sinistra, che siamo un’anomalia europea.

Solo imposta di successione risulta bassa

Nel confronto con gli altri stati, esiste effettivamente una voce del gettito patrimoniale ad esitare poco e niente: l’imposta di successione. Essa vale all’incirca lo 0,05% del PIL. Spiccioli. Non a caso, uno degli obiettivi della sinistra consiste nell’aumentare le aliquote e nell’abbassare contestualmente le franchigie riconosciute dallo stato a favore dei parenti del de cuius.

Ma esiste anche una ragione storica ben precisa per cui l’Italia tende ad andarci con la mano leggera sulle successioni: grossa parte delle eredità sono beni legati in qualche modo alle attività d’impresa familiare. La nostra è un’economia di microimprese (quasi 4 milioni), che rischiano di scomparire se tartassate.

A differenza di molti stati esteri, poi, la ricchezza delle famiglie italiane tende ad essere caratterizzata da investimenti in beni reali e poco in attività finanziarie. Un’imposta di successione pesante avrebbe come conseguenza di provocare problemi di liquidità a milioni di famiglie incapaci di fronteggiare il pagamento senza disinvestire. Ad esempio, se devo versare il 10% del valore di un immobile di 300 mila euro ricevuto in eredità, o dispongo di 30 mila euro subito o sarò costretto a vendere l’immobile stesso o altri beni per trovare la somma necessaria a favore dello stato. Con grave nocumento per la solidità finanziaria degli italiani.

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