Si è appena beccato 25 anni di carcere dopo la condanna inflittagli dal giudice della Corte Federale di New York, Lewis A. Kaplan. Se la scontasse per intero, tornerebbe libero all’età di quasi 56 anni. Sam Bankman-Fried di anni ne ha ancora 32 e già da tempo è considerato il re della truffa, al pari di un Bernard Madoff. Quando lasciò le Bahamas alla fine del 2022 per tornare negli Stati Uniti in cui pendeva un mandato di cattura sopra la sua testa, pensava che l’opinione pubblica sarebbe stata in buona parte con lui.

Ma i suoi modi anaffettivi hanno azzerato una simile probabilità. E anche prima di ricevere la condanna, ha dimostrato scarsa sensibilità quando ha sì riconosciuto di avere “buttato via” il gran lavoro svolto dai suoi collaboratori per costruire l’ormai fallito colosso exchange per le “criptovalute” FTX. Allo stesso tempo, ha ribadito che vi sarebbero state solo “carenze nei controlli”, non una truffa ai danni dei clienti.

Re della truffa, FTX e Alameda

FTX era fino al novembre del 2022 una delle più grandi exchange al mondo per “criptovalute” e agli inizi di quell’anno era arrivata a valere 32 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione, sebbene vada detto che non fosse quotata in borsa. Il suo lavoro consisteva nel prendere i capitali affidategli dai clienti per investirli nei token digitali da questi acquistati. Come altre exchange spesso fanno per aumentare i guadagni, la società aveva anche emesso una sua “criptovaluta”: FTT. Ma le cose da almeno il 2019 andavano diversamente. Bankman-Fried e i suoi più stretti collaboratori, in una sorta di delirio di onnipotenza misto a cinismo, iniziarono a prelevare i capitali dei clienti a loro insaputa per prestarli senza alcuna documentazione ufficiale in Alameda Research, un fondo che faceva capo proprio al giovane truffatore.

Il crac del novembre 2022

E parte di quel denaro andò a finire direttamente nelle mani di Bankman-Fried per la costruzione di una mega-residenza di lusso alle Bahamas, in cui viveva insieme a decine di suoi amici e dirigenti societari.

Sin dalla fine del 2021, dopo avere toccato i massimi storici, i prezzi delle “criptovalute” iniziavano una fase di estremo declino. L’interesse del mercato si spostava verso i più tradizionali bond. Le richieste di riscatti montarono e, ad un certo punto, il re della truffa si accorse che non vi fosse sufficiente liquidità per restituire il denaro ai clienti. Iniziò a usare quello di Alameda. Ma c’era un problema: il fondo possedeva appena 900 milioni di dollari di asset, a fronte di 9 miliardi di debiti. Era diventato un gigantesco buco nero finanziario di oltre 8 miliardi.

Nei primi giorni di novembre, Bankman-Fried è disperato e si rivolge a Binance per vendere FTX. Dopo un’apparente apertura di credito, la società si tira indietro. Scoppia il caso. Si scopre che i clienti di FTX erano stati truffati. Una circostanza che ancora adesso il condannato nega. Egli ritiene che ci fosse soltanto un problema di liquidità e che sarà in grado di rimborsare tutti i clienti. Solo a loro deve almeno 8 miliardi. Il giudice lo ha condannato a un maxi-risarcimento di 11 miliardi di dollari.

Appello per riduzione della pena

Perché Bankman-Fried nega la truffa? C’è ancora il processo di appello. Spera di ottenere una riduzione della pena. Il messaggio che insieme al suo avvocato vuole far passare è che si sia trattato di un errore di gestione, di inefficienza amministrativa, non di truffa. Dalla sua pretende di portare come prova il fatto che, dopo il boom registrato dalle “criptovalute”, FTX possederebbe sufficiente liquidità per rimborsare i clienti. Ma alcuni di questi fanno notare che il galeotto starebbe valutando gli asset ai (più alti) valori di mercato attuali, mentre i debiti ai valori ridotti di quasi un anno e mezzo fa.

Comunque si voglia rigirare la frittata, la truffa c’è stata. E indipendentemente da come andrà a finire la storia degli indennizzi. Se un ladro vi entra in casa e, colto di sorpresa dal proprietario, restituisce la refurtiva, non significa che il furto non vi sia stato. Bankman-Fried finge di non capire ciò che ha egli stesso ammesso facesse: ha distolto il denaro per investirlo altrove senza informare i clienti e in barba alle più elementari norme di contabilità. Ha rischiato con la sua maxi-truffa di generare scetticismo e perdita di fiducia definitiva verso un business, che andrebbe valutato secondo altri criteri, che non quelli dell’onestà di chi lo gestisce.

Bankman-Fried e il delirio di onnipotenza

Per un reato simile, Madoff si beccò 150 anni di carcere e ne scontò una dozzina prima di morire nella primavera di tre anni fa. A Sam Bankman-Fried sarebbe andata persino bene. Il giovane pensava di godere dell’impunità, anche perché si era allacciato agli ambienti che contano a Washington. Tra l’altro, era stato un finanziatore generoso del Partito Democratico di Joe Biden e nel 2020 aveva persino contattato l’allora presidente Donald Trump per offrirgli una donazione di 5 miliardi (soldi non suoi, evidentemente!) nel caso in cui avesse rinunciato a ricandidarsi per un secondo mandato. Gesti che la dicono lunga sul delirio di onnipotenza di un nerd alla ribalta delle cronache finanziarie, che la rivista Fortune ebbe ad accostare al nome di Warren Buffett. Sacrilegio!

[email protected]