Dilagano le proteste in Cina, dove sempre più persone stanno scendendo in strada per manifestare contro i lockdown molto duri decisi dal governo nella sua strategia di “zero Covid”. Da Shanghai a Pechino, passando per Wuhan, dove la pandemia ebbe origine, il dissenso non si ferma. Numerosi gli arresti, ma la cosa che sta sbalordendo i media occidentali è che la gente comune non sembra avere paura delle conseguenze. E questo in una ferrea dittatura comunista, in cui la popolazione obbedisce quasi automaticamente agli ordini, è qualcosa di inconsueto.

Duro colpo per politica “zero Covid” di Xi

Ad essere sinceri, le proteste in Cina non sono poi così rare. Solo che il governo centrale le tollera quando sono rivolte contro governatori locali e sindaci. Altra differenza, stavolta stanno avvenendo nello stesso tempo e in più luoghi per lo stesso tema: i lockdown. Ad essere finita nel mirino è la politica del rieletto presidente Xi Jinping, il quale poche settimane fa ottenne uno storico terzo mandato dall’Assemblea del Popolo.

Xi è fautore di una rigida imposizione di chiusure per azzerare i casi di contagio. Ad oggi, la Cina registra 5.232 morti, nulla per una popolazione di 1,4 miliardi di abitanti e al confronto con i dati ben più drammatici nel resto del mondo. Ammesso che questi numeri siano affidabili, sono stati raggiunti attraverso lockdown severissimi, che nei giorni scorsi avrebbero contribuito a provocare almeno una decina di morti per un incendio a Urumqi, nello Xinjiang.

Forte malcontento per disagi

I soccorsi sarebbero stati rallentati dai lockdown. Ed è solo l’ennesimo caso in cui le chiusure avrebbero provocato morti. A settembre, ad esempio, agli abitanti di Chengdu fu vietato di lasciare le case durante un terremoto. Il bilancio fu di 65 vittime. E così, adesso decine di migliaia di manifestanti stanno protestando in varie parti della Cina con in mano un foglio bianco, tanto che le proteste sono state anche definite “del foglio bianco” o “dell’A4”.

Ma quali potrebbero essere le conseguenze? Xi quasi certamente non ammetterà mai di avere sbagliato, ma è probabile che accelererà il percorso di uscita dai lockdown. La politica del “Covid zero” non è più sostenibile sul piano sociale. Nei mesi scorsi, già a Shanghai vi fu un accenno di grosso malcontento. Molte persone lamentarono di essere rimaste senza cibo per l’impossibilità di uscire di casa e per i negozi online di far fronte alle prenotazioni su internet.

Fine dei lockdown e impatto su Occidente

Del resto, se è vero che non ci siano stati mai così tanti casi come in questi giorni in Cina da inizio pandemia, parliamo pur sempre di 40.000 contagi giornalieri, di cui il 90% asintomatici. Xi dovrà rinunciare, suo malgrado, alla fissa per i lockdown. Per l’economia cinese e mondiale, ci sarebbero conseguenze dirompenti. In primis, l’accelerazione della crescita presso la prima, con i consumi che torneranno a normalizzarsi. E questo vorrà dire essenzialmente una maggiore domanda di petrolio. La Cina ne consuma per il 12-13% del totale nel mondo.

Viste così le cose, la fine più vicina dei lockdown anti-Covid rischia di rallentare la discesa dell’inflazione nell’Occidente. Tuttavia, essa porrebbe fine alle numerose strozzature dell’offerta di questi anni. Parte dell’inflazione ebbe origine nel 2021 dalla carenza di materie prime e semi-lavorati cinesi. Le chiusure impediscono alle imprese di produrre a pieno regime e di accedere ai porti per esportare. Nel complesso, gli effetti d’impatto potrebbero risultare ambigui sull’inflazione. Non lo sono sull’economia mondiale: la fine dei lockdown sarebbe senz’altro di stimolo alla crescita.

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